Alcuni aneddoti e curiosità poco conosciuti della missione Apollo 11

Alcuni fatti curiosi e poco noti relativi alla storica missione Apollo 11

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Cinquanta anni fa, nel luglio del 1969, due uomini camminarono sulla Luna e nonostante le esercitazioni e gli accorgimenti presi, dovettero considerare la possibilità che qualcosa andasse storto. Il loro compagno li attendeva in orbita e se le macchine in loro possesso non avessero funzionato al meglio, avrebbero potuto restare intrappolati sulla Luna con poche ore di ossigeno, sarebbe stata morte certa e il fallimento della prima missione umana.

Neil Armstrong, il comandante della missione, non poteva permettersi una polizza di assicurazione sulla vita e, insieme a Michael Collins e Buzz Aldrin decisero di creare un piano per sostenere le loro famiglie. Prima della missione Apollo 11, mentre quando tutti e tre gli astronauti erano in quarantena pre-lancio, firmarono centinaia di autografi e li inviarono ad un amico. Se qualcosa fosse andato storto agli astronauti durante la missione, l’amico incaricato avrebbe inviato i cimeli autografati a ciascuna delle famiglie degli astronauti. In questo modo i familiari avrebbero potuto guadagnare dei soldi vendendo le firme dell’equipaggio dell’Apollo 11.

Una cosa che sorprese gli astronauti che visitarono la Luna fu il forte odore della polvere lunare che riuscirono a sentire rientrando nel Modulo Lunare. Durante le passeggiate lunari, le tute spaziali degli astronauti raccolsero molta polvere lunare nelle pieghe e, una volta che l’equipaggio tornò a bordo del LEM e tolse i caschi, la polvere arrivò ovunque, anche sulle mani e sui volti (alcuni astronauti pare la assaggiarono).

Dopo essere entrata in contatto con l’ossigeno per la prima volta all’interno del modulo lunare, la polvere lunare, vecchia di quattro miliardi di anni, emanava un odore pungente. Quasi tutti gli astronauti avevano una storia militare alle spalle, e poterono confrontare l’aroma con quello della polvere da sparo. Neil Armstrong descrisse l’odore della polvere lunare simile alla cenere bagnata in un camino.

Gli astronauti una volta sulla luna dovevano scendere e per fare questo avevano la necessità di indossare delle tute protettive che però non impedisse loro di muoversi in modo agevole e non solo.



A realizzare le tute che siamo abituati a vedere nelle foto della NASA ci pensarono la signora Foraker e le cucitrici della Playtex. Quelle che fabbricavano i reggiseni per intenderci.

La NASA propose un bando per la realizzazione di una tuta in grado di proteggere gli astronauti dai pericoli del vuoto cosmico, capace allo stesso tempo di consentire movimenti fluidi. Al bando risposero anche gli enti militari, quelli che con la NASA avevano sempre collaborato e con loro spuntò anche la proposta della International Latex Corporation, un’azienda diretta da un meccanico d’automobili e da un ex-riparatore di televisioni che chiese alla NASA il permesso di partecipare alla gara, a proprie spese.

Ci vollero sei settimane e la ILC propose una tuta composta da 21 strati di diversi tessuti cuciti attorno a un’anima ermetica. La tuta della ILC, che in seguito cambiò nome in Playtex, si aggiudicò il bando grazie alla bravura di un piccolo esercito di anonime sarte e artigiane.

Nello spazio, in regime di microgravità, non è facile muoversi, lavorare o durante le attività esterne, quelle che chiamano EVA o attività extraveicolare non è facile nemmeno operare utilizzando i grossi guanti di protezione, figuriamoci cosa diventa espletare i propri bisogni fisiologici.

Oggi gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale, la ISS, dispongono di una toilette appositamente progettata che li tiene in posizione ed elimina i rifiuti. Durante le missioni Apollo la soluzione al problema non era ancora stata trovata e un astronauta in particolare trascorse l’intera missione prendendo tavolette che bloccano la diarrea.

Michael Collins a causa dell’idrogeno disciolto nell’acqua ha patito questo problema durante tutta la missione raccontandolo poi nella sua autobiografia, Carrying the Fire: An Astronaut’s Journey (1974)

Quando l‘Eagle Lunar Lander dell’Apollo 11 si stava separando dal CSM denominato Colombia, fu udito un botto, un po’ come il rumore di una bottiglia di champagne che viene stappata. Questo perché la cabina del LEM non era stata completamente compressa prima della separazione.

Alcuni sostengono che questo piccolo incidente abbia effettivamente portato il LEM a quattro miglia da dove originariamente doveva atterrare.

Una volta allunati, Neil Armstrong e Buzz Aldrin dovevano avviare le procedure per esplorare la Luna, durante le quali entrambi dovevano ricordare di non chiudere completamente la porta sul Landing Module dietro di loro. La porta era chiusa per evitare che il calore fuoriuscisse dalla cabina ma non completamente nel caso in cui la cabina si fosse in qualche modo depressurizzata, il che avrebbe potuto rendere difficile riaprire la porta. Aldrin e Armstrong scherzarono sul lasciare la porta aperta:

109: 41: 28 Aldrin: Ok. Ora voglio eseguire il backup e chiudere parzialmente il portello. (Lunga pausa) Assicurati di non bloccarlo mentre esci.
109: 41: 53 Armstrong: (ride) Un pensiero particolarmente buono.(Da http://www.hq.nasa.gov/alsj/a11/a11.step.html)

Alcuni siti web hanno affermato che non c’era una maniglia esterna per rientrare in quanto gli ingegneri della NASA pensavano che il peso di una maniglia avrebbe influenzato i calcoli della discesa, così decisero di lasciare la porta senza. In realtà la maniglia c’era davvero sul portello e completa di istruzioni !

Gli astronauti avevano dei personal preference kit (PPK), piccoli borselli contenenti oggetti di valore affettivo personale che si volevano portare con loro in missione. Sull’Apollo 11 sono stati portati cinque PPK: tre (uno per ogni astronauta) furono messi sul Columbia, e due sull’Eagle.

Neil Armstrong, nel suo personal preference kit (PPK) volle tenere un pezzo di legno dell’elica sinistra del Wright Flyer, l’aeroplano dei fratelli Wright del 1903, e un pezzo di tessuto dall’ala. Inoltre aveva con sé i distintivi da astronauta, arricchiti di diamanti, originariamente donati da Deke Slayton alle vedove dell’equipaggio dell’Apollo 1.

Queste sono alcune curiosità di quella storica missione che forse sono sfuggite al grande pubblico ma sono entrate nella storia della conquista della Luna.

Uomini coraggiosi che portarono a termine una missione senza precedenti: andare nello spazio con delle macchine che si sono rivelate capaci di sopportare il rigido vuoto dello spazio, e le temperature estreme.

A cinquant’anni da allora, la NASA e alcuni privati si preparano a tornare sulla superficie lunare, stavolta per restarci e costruire avamposti che porteranno gruppi di astronauti a vivere e lavorare per mesi, forse ci sarà anche qualche facoltoso turista, ma non sarà la stessa cosa, la Luna diventerà forse una meta facile da raggiungere e sicuramente meno poetica.

Fonte:www.armaghplanet.com; www.gazduna.com; wikipedia

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