Campi magnetici confinati

Ribaltata la convinzione che i campi magnetici prodotti dai laser si diffondano dalle scale microscopiche a quelle macroscopiche.

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Un team di fisici indiani e giapponesi ha ribaltato la nozione, ormai consolidatasi da diversi decenni, secondo la quale, l’enorme campo magnetico che si trova all’interno di un plasma prodotto da un laser ad alta intensità, si evolva dalla scala nanometrica sull’intero plasma. I ricercatori hanno invece dimostrato che il campo magnetico viene originato direttamente su scale macroscopiche, definite dai confini del fascio di elettroni che si propaga all’interno del laser stesso.

Questo nuovo meccanismo indubbiamente va ad alterare la nostra conoscenza dei campi magnetici in scenari astrofisici e nella fusione a laser, e potrebbe rappresentare un ausilio nella progettazione di sorgenti di particelle ad alta energia, di prossima generazione, utilizzabili nel settore dell’imaging e delle terapie.

Questi campi magnetici, la cui intensità può superare anche miliardi di volte quella del campo magnetico terrestre, si trovano nel plasma, caldo e denso, dei sistemi astrofisici, quali per esempio le stelle di neutroni. L’elettromagnetismo classico, che conosciamo dai tempi di Oersted e Faraday, stabilisce che i campi magnetici vengono generati da correnti che fluiscono in un sistema.

In un plasma vi sono due correnti: una che scorre in un verso e l’altra, di verso opposto, che mitiga la corrente indotta dalla precedente su sé stessa. Se le correnti fossero uguali, e si sovrapponessero nello spazio, il campo magnetico risultante sarebbe nullo. Invece, alcune piccole fluttuazioni nel plasma possono separare queste correnti e portare a una instabilità, che cresce con il tempo.

Infatti, per decenni si è creduto che gli intensi campi magnetici derivassero dall’interazione di correnti opposte, all’interno del plasma, attraverso la famosa instabilità di Weibel, su scale molto più piccole degli stessi fasci. Si dice quindi che il campo magnetico si diffonda nello spazio attraverso la cosiddetta cascata inversa, in una modalità dal basso verso l’alto.



Il gruppo dei fisici nippo-indiani, invece, mostra che, di fatto, il campo magnetico si genera ai bordi del fascio di corrente, che fluisce su scala macroscopica, e si muove verso l’interno, verso scale minori (in un flusso top/down). Inoltre, l’intensità di questo campo è molto più ampia di quelle dei campi generati dall’instabilità di Weibel, come da altre instabilità.

Il meccanismo che porta a questo campo magnetico è stato denominato dai ricercatori meccanismo di fascio finito, per indicare il ruolo fondamentale delle dimensioni finite del fascio di corrente in questa modalità. Il team di ricerca ha mostrato che la radiazione fuoriesce dai confini della corrente destabilizzando il fascio e generando il campo magnetico. Questa situazione è fortemente evidenziata negli esperimenti con i laser e nelle simulazioni al computer.

Ci si chiede quindi, come mai questo fenomeno non sia stato analizzato nelle simulazioni al computer effettuate negli anni precedenti. Secondo gli autori, ciò è dovuto ai presupposti di omogeneità ed estensione infinita tipiche di tutte le simulazioni.

Tuttavia, il sistema fisico reale ha dei confini, e in quelle aree la fisica porta a degli effetti interessanti – un esempio è dato dalla focalizzazione di particelle cariche dovuto ai campi marginali alle estremità delle piastre di un condensatore, il famoso effetto Casimir, che porta all’attrazione tra i piatti, come conseguenza di effetti quantistici; un altro esempio è dato dai modi di propagazione della superficie, noti come plasmoni, molto diffusi nell’ottica nanometrica e nella microscopia ottica a campo vicino.

Fonte: phys.org

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