Uno studio identifica un profilo generale per coloro che abbracciano le teorie complottiste

Sembrerebbe che il complottista medio sia sostanzialmente un essere autoindulgente, incapace di attribuirsi colpe, che tenta in questo modo di giustificare davanti a sé stesso e agli altri i propri fallimenti con l'essere vittima di un qualche complotto.

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Un nuovo interessante studio effettuato dalla rivista Political Research Quarterly ha individuato il profilo tipico entro cui rientrano la maggior parte di coloro che credono alle teorie complottiste.

In linea di massima, da precedenti studi effettuati dagli psicologi, sapevamo già che il complottista medio è convinto di essere un po’ speciale e superiore alla media delle persone razionali in quanto capace di estrapolare la realtà nascosta sotto i fatti apparenti. il dato nuovo che sembra emergere è che il complottista medio è, probabilmente, un “perdente”.

Chiariamo, non stiamo parlando della parola “perdenti” nella sua accezione denigratoria. Piuttosto, lo studio osserva che persone reduci da una sconfitta, sia un’elezione, una gara o un insuccesso professionale, sembrano essere quelle che più probabilmente crederanno a teorie complottiste.

Insomma, sulla base di questo studio sembrerebbe che il complottista medio sia sostanzialmente un essere autoindulgente, incapace di attribuirsi colpe, che tenta in questo modo di giustificare davanti a sé stesso e agli altri i propri fallimenti con l’essere vittima di un qualche complotto ordito da entità o forze superiori ai danni degli esseri umani normali.

Lo studio ha esaminato in particolare le reazioni dei soggetti sottoposti ad analisi ai risultati delle elezioni presidenziali americane del 2012, ovvero prima dell’avvento di Trump, che dell’assecondare certe forme di complottismo ha fatto una bandiera. Guidati da Jack Edelson dell’Università del Wisconsin-Madison, i ricercatori hanno effettuato un sondaggio tra 1.230 americani, condotto prima e dopo le elezioni.

I risultati del sondaggio sono stati piuttosto interessanti. Prima del voto, il 62 per cento degli intervistati si è detto convinto che il proprio candidato avrebbe potuto perdere solo in seguito a brogli. Dopo il voto, nello stesso campione solo il 39 per cento si è detto convinto che ci fossero stati dei brogli per far vincere Obama. Il calo si può spiegare con il fatto che, ovviamente, i sostenitori del vincente non pensavano che Obama potesse avere vinto con imbrogli, al contrario dei sostenitori del suo avversario.



C’è da aggiungere che, tra gli intervistati, i più convinti della possibilità di brogli elettorali erano anche cospirazionisti e questi sono rimasti convinti di brogli elettorali dopo che il loro candidato è risultato perdente.

Le teorie della cospirazione sono per i perdenti“, ha detto a PsyPost il co-autore dello studio Joseph Uscinski dell’Università di Miami. “Le teorie della cospirazione si diffondono ad ondate ed i perdenti tendono a propagarle di più“.

È interessante che dopo la vittoria di Obama del 2012 furono i repubblicani a gridare all’imbroglio, dopo la vittoria di Trump nel 2016 è da sinistra che si sono levate voci che denunciavano truffe e brogli.

Senza entrare nel merito del russiagate sul quale indagini sono ancora in corso, due studi separati svolti nel mese di agosto hanno rilevato che molte delle persone che credono, senza se e senza ma, ad una truffa elettorale a favore di Trump, sono anche seguaci di teorie cospirazioniste e che queste persone tendono a volersi sentire uniche.

Unendo i vari studi in materia, appare evidente che si tende a credere alle teorie complottiste per assecondare un desiderio di unicità e, soprattutto, per autoassolversi per l’incapacità di affrontare positivamente le sfide e le sconfitte.

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