Cosa sono i Quasar

Oggi gli astronomi pensano che i quasar siano nuclei estremamente luminosi di galassie appena nate. Dopo decenni di studio è stato coniato un altro termine per descrivere questi oggetti: un quasar è un tipo di nucleo galattico attivo, o AGN

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I quasar, noti dalla fine degli anni ’50, vennero scambiati inizialmente per stelle estremamente luminose e presero quel nome che è la contrazione di QUASi-stellAR radio source, cioè “radiosorgente quasi stellare”.

Tuttavia, questi oggetti non sono stelle, ma giovani galassie poste a enormi distanze dal sistema solare. Il loro numero aumenta tanto più lontano nell’universo osserviamo.

Come è possibile che i quasar siano visibili nonostante le distanze immense?

Lo sono in quanto sono fino a 1.000 volte più luminosi della nostra galassia, la Via Lattea. Sappiamo, quindi, che sono estremamente attivi, emettendo quantità enormi di radiazioni attraverso l’intero spettro elettromagnetico.

Essendo così lontani, vediamo i quasar come erano quando il nostro universo era molto giovane. Il più antico attualmente noto è J0313-1806 e dista dalla Terra 13,03 miliardi di anni luce. Vediamo quell’oggetto com’era quando l’universo aveva solo 670 milioni di anni.



Cosa rendeva, all’epoca, i quasar cosi luminosi?

I quasar oggi: AGN

Oggi gli astronomi pensano che siano nuclei estremamente luminosi di galassie appena nate. Dopo decenni di studio è stato coniato un altro termine per descrivere questi oggetti: un quasar è un tipo di nucleo galattico attivo , o AGN.

In realtà ci sono molti tipi di AGN, ognuno con le proprie peculiarità. Si ritiene che l’intensa radiazione emessa da un AGN sia alimentata da un buco nero supermassiccio.

La radiazione viene emessa quando la materia nel disco di accrescimento che circonda il buco nero viene surriscaldata a milioni di gradi dall’intenso attrito prodotto dalle particelle di polvere e gas che si scontrano tra loro.

Il disco di accrescimento di un buco nero supermassiccio è il risultato di particelle che si scontrano l’una contro l’altra e perdono quantità di moto riscaldandosi. Quel materiale proviene dalle enormi nubi di gas, costituite principalmente da idrogeno molecolare, che riempiva l’universo subito dopo il Big Bang.

Quando la materia nel disco di accrescimento dei quasar si riscalda, emette onde radio, raggi X, luce ultravioletta e visibile.

I quasar diventano così luminosi da eclissare intere galassie. Questi oggetti sono molto lontani, cosi lontani che ne possiamo osservare solo il nucleo attivo della galassia in cui risiedono.

Esistono galassie che pur non essendo classificate come quasar possiedono un nucleo attivo che tuttavia consente di osservare il resto della struttura. Un esempio di questo tipo di AGN è chiamato galassia di Seyfert dal compianto astronomo Carl Keenan Seyfert, che fu il primo a identificarli.

Le galassie di Seyfert costituiscono forse il 10% di tutte le galassie esistenti: non sono classificate come quasar perché sono molto più giovani e hanno strutture ben definite, a differenza delle giovani galassie amorfe che si presume abbiano ospitato i quasar appena poche centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang.

Questi oggetti possono emettere fino a mille volte l’energia emessa dalle 200 miliardi di stelle presenti nella Via Lattea. Un tipico quasar è 27 trilioni di volte più luminoso del Sole!

Gli astronomi pensano che la maggior parte, se non tutte, le grandi galassie abbiano attraversato una cosiddetta “fase quasar” subito dopo la loro formazione.

In tal caso, la luminosità diminuiva quando esaurivano la materia che alimentava il disco di accrescimento attorno ai loro buchi neri supermassicci. In seguito le galassie sono diventate quiescenti, i loro buchi neri centrali non avevano più un disco di polveri e gas da riscaldare.

Anche la nostra galassia ha nel suo nucleo un buco nero supermassiccio che è stato osservato emettere brevi fiammate di onde radio e raggi X. È probabile che intere stelle possano essere lacerate e consumate mentre attraversano l’ orizzonte degli eventi di uno di questi mostruosi oggetti.

Tuttavia, la nostra conoscenza dell’evoluzione delle galassie – dalla prima formazione alla galassia quiescente di mezza età – è lungi dall’essere completa. Fortunatamente le galassie spesso ci offrono delle eccezioni e qualche volta non dobbiamo guardare oltre la nostra Via Lattea.

Ora sappiamo che 3,5 milioni di anni fa ci fu una gigantesca esplosione nota come bagliore di Seyfert al centro della nostra galassia.

L’emissione, apparentemente proveniente da Sagittario A *, il buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea, che ha emesso due enormi lobi di plasma surriscaldato che si estendono per circa 25.000 anni luce dai poli galattici nord e sud. Questi enormi lobi sono chiamati bolle di Fermi e sono oggi visibili ai raggi gamma e ai raggi X.

Storia

La storia dei quasar non è facile da interpretare. Quando furono scoperti per la prima volta alla fine degli anni ’50, gli astronomi che usavano radiotelescopi osservarono oggetti simili a stelle che irradiavano onde radio, ma che non erano visibili utilizzando i telescopi ottici.

Le loro caratteristiche li rendevano simili stelle, la loro luminosità e le loro dimensioni angolari portarono gli astronomi dell’epoca a credere che stessero osservando oggetti all’interno della nostra galassia.

Molte osservazioni, comprese quelle di 3C48 e 3C273, i primi ad essere scoperti, furono fatte all’inizio degli anni ’60 dall’astronomo britannico-australiano John Bolton. Lui e i suoi colleghi rimasero perplessi dal fatto che si trattava di oggetti non rilevabili con i telescopi ottici. L’obiettivo diventò individuare le loro “controparti ottiche”, cioè visibile ai loro occhi.

Gli astronomi all’epoca non sapevano che i quasar erano estremamente distanti, troppo distanti perché le loro controparti ottiche fossero visibili dalla Terra, nonostante fossero oggetti intrinsecamente brillanti.

Nel 1963, gli astronomi Allan Sandage e Thomas A. Matthews trovarono quella che sembrava essere una debole stella blu nella posizione di un quasar noto.

Utilizzando il telescopio Hale da 200 pollici (5 m), Bolton e il suo team osservarono il quasar 3C273 mentre passava dietro la luna. Queste osservazioni consentirono di ottenere gli spettri del quasar. Gli spettri sembravano strani, mostrando linee di emissione irriconoscibili.

Le righe di emissione dicono agli astronomi quali elementi chimici sono presenti nell’oggetto che stanno osservando. Ma le linee spettrali del quasar sembravano indicare elementi che non dovevano essere presenti.

Fu l’astronomo Maarten Schmidt che, dopo aver esaminato le linee di emissione negli spettri dei quasar, suggerì la presenza di normali linee di emissione fortemente spostate verso l’estremità rossa dello spettro elettromagnetico.

Quello spostamento, il “redshift” era dovuto alla grande distanza del quasar. La luce veniva allungata dall’espansione dell’universo durante il suo lungo viaggio verso la Terra dal confine del cosmo visibile.

Agli inizi degli anni ’60 non si era certi della reale distanza dei quasar e anche l’esistenza dei buchi neri era al centro di furiosi dibattiti. Alcuni scienziati ritenevano i buchi neri semplici artifici matematici inesistenti nell’universo reale.

Il dibattito sui quasar proseguì ancora, fino all’avvento di nuovi e più sofisticati telescopi spaziali e terrestri che permisero agli astronomi a scoprire che effettivamente i quasar si trovavano a enormi distanze dalla Terra.

Quando si capì che i buchi neri erano reali gli astronomi poterono creare dei modelli per capire come i quasar producessero le radiazioni osservate: buchi neri supermassicci che consumano quantità enormi di gas e come risultato irradiano enormi quantità di energia attraverso lo spettro elettromagnetico.

Questo modello spiega perché i quasar sono osservabili dal bordo dell’universo visibile e perché non li vediamo più vicino: perché i quasar sono giovani galassie, viste non molto tempo dopo la loro formazione nell’universo primordiale.

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