Il mistero dell’articolo citato in 400 studi nonostante non esista

Dopo il caso del falso articolo sui Midichlorians pubblicato a  pagamento da 4 supposte riviste scientifiche,  riportiamo un altro caso di cattiva informazione e pessima peer review

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Dopo il caso del falso articolo sui Midichlorians pubblicato a  pagamento da 4 supposte riviste scientifiche, riportiamo un altro caso di cattiva informazione e pessima peer review.

Recentemente si è scoperto che in quasi 400 tra studi accademici e articoli scientifici viene citato tra i riferimenti un particolare articolo. C’è solo un problema: questo articolo non esiste.

Il “riferimento fantasma” è stato individuato per la prima volta da Pieter Kroonenberg, un professore olandese di Statistica, che ha spinto una sua amica, la professoressa Anne-Wil Harzing, a scavare più a fondo nel mistero.

In un post sul proprio blog, la professoressa riferisce che Kroonemberg, leggendo una guida sullo stile giornalistico redatta da un autore del giornale di Elsevier, ha trovato il seguente riferimento: “Van der Geer, J., Hanraads, JAJ, Lupton, RA, 2000.  The art of writing a scientific article. Journal of Science Communications 163 (2) 51-59.

La citazione attirò l’attenzione di Kroonenberg perché conosceva un altro accademico chiamato John van de Geer, il presunto autore dello studio ma l’ortografia del nome risultava leggermente diversa. Anche il nome della rivista “Journal of Science Communications” risultava scorretto in quanto il nome corretto della rivista era “Journal of Science Communication“.

A questo punto subentrò la Harding che, con qualche studio sui motori di ricerca si rese conto che riferimenti all’articolo apparivano in quasi 400 studi ma che, in realtà, l’articolo non esisteva da nessuna parte. Come la Harding scoprì in seguito, però, non si trattava di una frode o un inganno voluto. In realtà si tratta di un errore straordinariamente comune.



Secondo la Harzing, la maggior parte delle citazioni del riferimento fantasma si trovavano in “documenti destinati a conferenze di bassa qualità, spesso da ricercatori provenienti da paesi “dove non esiste una tradizione di scrittura in inglese“. È anche emerso che il riferimento fantasma viene regolarmente citato come primo nella lista dei riferimenti.

La scoperta successiva fu che la citazione all’articolo fantasma era apparsa per la prima volta in un esempio pubblicato dall’editore scientifico Elsevier per fornire agli autori un modello base per creare la lista dei riferimenti ad uso dei propri autori. Da quel momento in poi, Il “riferimento fantasma” finiva semplicemente nelle liste delle citazioni redatte dai ricercatori ricercatori in fondo ai propri articoli. Insomma, a quanto pare, ricercatori particolarmente pigri o poco preparati riportavano in fondo ai propri articoli la lista dei riferimenti copiata pedissequamente dal modello fornito dall’editore.

L’errore sembra comparire in solo 400 degli 85.000 documenti esaminati, il che significa che si trova solo nello 0,5% dei documenti totali, secondo Harzing, tutto sommato un “margine di errore accettabile” anche se, probabilmente, è il sintomo di problemi più ampi nell’ambito dell’editoria accademica, come il controllo di bassa qualità, l’editing superficiale e l’opera dei periodici predatori, quelli disposti ad accettare qualsiasi articolo senza alcuna peer review, purché paghi per la pubblicazione, come nel caso dell’articolo sui midichlorians pubblicato da 4 riviste “scientifiche”.

Proprio come molti altri misteri, il riferimento fantasma alla fine ha avuto una spiegazione molto semplice: scrittura sciatta e controllo qualità scadente“, ha concluso la Harzing.

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