FETI UMANI NEI VACCINI? MA NEANCHE PER SOGNO!

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di Andrea Cossarizza

Reccom Magazine ringrazia il professor Guido Silvestri per averci autorizzato a condividere i testi informativi pubblicati sulla sua pagina facebook.

Un’altra delle bufale che girano recentemente nel web riguarda la presenza di feti umani nei vaccini. Se non proprio feti, la cui presenza sarebbe piuttosto evidente anche senza un microscopio di alcun tipo, almeno di tessuti e cellule fetali o loro frammenti. La storia nasce probabilmente dal fatto che a qualcuno un po’ troppo impressionabile è stato spiegato che per preparare alcuni tipi di vaccino servono cellule umane (assolutamente vero), e che in qualche caso si usano anche cellule di polmone di un feto (pure questo è vero). Cerchiamo quindi di fare chiarezza in merito.

1. Perché servono delle cellule per produrre vaccini contro alcuni virus? Semplicemente perché, a differenza dei batteri, i virus non crescono se non all’interno di cellule, di cui sfruttano tutti i possibili organelli. Per ottenerne in grandi quantità non c’è altro modo che coltivarli “in vitro” facendoli produrre a cellule di vario genere.

2. Perché cellule umane e non di altra specie? Alcuni tipi di virus hanno un tropismo molto selettivo per cellule umane. In altre parole, durante l’evoluzione si sono modificati in modo da poter infettare solamente esseri umani e non altri mammiferi. Questo vale anche all’opposto. Per fare un esempio, pensate che il virus dell’immunodeficienza felina (FIV, feline immunodeficiency virus, lontanissimo parente dell’HIV) infetta soltanto i gatti – e semmai altri felini meno frequenti nelle nostre zone. Il FIV è piuttosto diffuso, e in alcune parti della nostra amata penisola fino al 20% degli animali che ci difendono dai topi e/o si stravaccano sul nostro divano guardandoci con un certo disprezzo (il mio lo fa regolarmente, tranne quando rientra dalle scorribande notturne e ha fame) ne sono infetti. Ma il FIV non infetta cellule umane, perché i recettori che lega sono fatti un po’ diversamente dai nostri. Quindi, se un gattino di cui non conoscete lo stato sierologico vi graffia, nessun problema, non vi verrà l’AIDS. Così come non viene l’AIDS ai gatti che graffiano delle persone con HIV. Capito questo, torniamo ai vaccini. Se dobbiamo produrre una certa quantità di virus per poi inattivarli ed usarli come vaccini, non possiamo allestire colture usando cellule di un’altra specie, semplicemente perché non verrebbero infettate, i virus non si potrebbero riprodurre al loro interno e non sarebbero quindi rilasciati in coltura.



3. Da chi si prelevano queste cellule? Per ottenere le cellule necessarie allo scopo, uno scienziato non prende a caso dei volontari, estrae qualche tipo di cellula dal sangue o da altri tessuti, e poi la utilizza. Le cellule usate sono linee cellulari stabilizzate da decenni, hanno diversa origine, e si dividono velocemente “in vitro” senza bisogno di particolari stimoli se non un po’ di mezzo di coltura contenente siero, antibiotici e qualcosa per tamponare l’acidità che si crea durante la loro proliferazione. Il tutto oggi (ma non 50 anni fa!) è molto semplice, e funziona benissimo.

4. Perché cellule embrionali o fetali? Cellule di questa origine presentano diversi vantaggi. Il primo è che, anche se non sono di origine tumorale, spesso non necessitano di alcuno stimolo per dividersi, e possono crescere per decenni (vedi oltre). Un secondo vantaggio è che non sono mai state esposte ad alcun agente infettivo “in vivo”, cioe’ prima di vedere il virus che si usa per infettarle “in vitro”. Ricordiamo che, grazie alla mamma e al suo sistema immunitario, fino alla nascita ogni essere umano è ultra-protetto da infezioni e nasce praticamente sterile. Nelle prime ore di vita, ma non prima di nascere, viene a contatto con migliaia se non milioni di batteri o virus che deve riconoscere ed eventualmente combattere (questa è un’altra storia che racconteremo, che spiegherà bene perché non c’è nessun problema a usare molti vaccini insieme anche in tenera età). Le cellule fetali quindi non hanno avuto contatti con nessun tipo di patogeno, e non ne possono albergare, neanche integrati e nascosti nel loro genoma. Il terzo vantaggio è che alcune di queste cellule hanno esattamente la stessa origine di quelle che il virus infetta “in vivo”, e quindi possono produrre una grande quantità di particelle virali con le stesse caratteristiche antigeniche di quelle da combattere.

5. Da dove vengono le cellule fetali e si producono ancora? Alcune delle cellule usate per allestire colture umane su cui coltivare virus provengono da aborti terapeutici fatti negli anni ’60. In quel periodo, mantenere colture cellulari non era proprio una cosa banale e richiedeva una grandissima competenza. In particolare, nel 1962 alcune cellule derivate da tessuto polmonare sono state coltivate al Wistar Institute di Filadelfia e lì denominate WI-38. In Inghilterra, nel 1966, cellule polmonari provenienti da un altro feto sono state coltivate presso il Medical Reseach Council di Wiltshire e chiamate MRC-5. In entrambi i casi le cellule coltivate erano quelle che formano il tessuto connettivo, cioè i fibroblasti. Questi fibroblasti sono quindi diventati due linee cellulari “continue”, capaci di moltiplicarsi indefinitamente, e lo fanno benissimo anche oggi, a oltre 50 anni di distanza. Ci sono poche altre linee prodotte negli anni seguenti allo stesso modo, ma queste due sono le più usate. “In vitro” le linee non formano alcun tessuto, ma crescono semplicemente l’una vicino all’altra finché c’è spazio e nutrimento (entrambi forniti dal ricercatore) per tutti.

6. Quali sono i vaccini che si producono in questo modo? Abbiamo due categorie di vaccini, quelli usati per le immunizzazioni di routine (i primi quattro del seguente elenco) e quelli che si usano in altre circostanze (gli ultimi due):
– Rosolia (MERUVAX II/Merck, parte del MMR II/Merck, e ProQuad/Merck)
– Epatite A (VAQTA/Merck, Havrix/GlaxoSmithKline, e parte del Twinrix/GlaxoSmithKline)
– Varicella (Varivax/Merck, e parte del ProQuad/Merck)
– Herpes Zoster (Zostavax/Merck)
– Adenovirus di tipo 4 e tipo 7 (Barr Labs)
– Rabbia (IMOVAX/Sanofi Pasteur)

7. Chi ne ha tratto beneficio e quali problemi morali si pongono? Ne hanno tratto beneficio miliardi di persone, come facilmente immaginabile. Bisogna considerare che non esiste in questo caso alcun tipo di manipolazione genetica o altro: si è presa una parte di un tessuto, sono state isolate le cellule diploidi che sono quindi cresciute spontaneamente senza formare tessuti, e quindi usate per produrre vaccini. Cellule “diploidi” non è un termine terribile come alcuni pensano: tutte le cellule del nostro organismo che hanno due set di cromosomi (uno ereditato dalla mamma, l’altro dal padre) sono definite diploidi. Milioni di miliardi. Le cellule della linea germinale (oocita e spermatozoo), che quando si fondono danno origine a un nuovo individuo, hanno invece un solo set di geni. Per inciso, la tecnologia basata sull’uso di linee cellulari fetali per la produzione di vaccini ha avuto la PIENA APPROVAZIONE della Chiesa Cattolica al punto che, parlandone a riguardo, papa Benedetto XVI nel 2003 ha dichiarato che: “La vaccinazione universale ha causato una considerevole caduta della rosolia congenita, portandola all’incidenza di meno di 5 casi per 100.000 bambini nati vivi”.

8. Nelle preparazioni di vaccini possono essere presenti cellule? Senza entrare troppo in noiosi e complicati dettagli tecnici, la preparazione dei vaccini segue diversi passaggi ben codificati e standardizzati. A partire dal fatto che le cellule usate crescono aderenti alla base della piastra di coltura e non si staccano, entrano in gioco sofisticati processi di ultrafiltrazione, di ultracentrifugazione, di modificazioni del pH del mezzo ed altro ancora. Si arriva quindi alla completa sicurezza, e nei vaccini c’è soltanto quello che serve. I controlli di qualità imposti dalle regolamentazioni internazionali sono talmente stretti che è impensabile ci siano anche solamente tracce di cellule.

9. Chi ha recentemente dimostrato che i vaccini non contengono cellule fetali? Che i vaccini non contengano cellule fetali o parti di tali cellule lo dimostrano paradossalmente e senza ombra di dubbio gli studi dei “nanopatologi”, che non hanno mai visto nient’altro che fantomatiche nanoparticelle, delle quali abbiamo già parlato fin troppo. Con i potenti mezzi a disposizione (microscopio elettronico in primis) in tutti i vaccini analizzati finora non sono mai state viste cellule, pezzi di membrana plasmatica, mitocondri o altri organelli. Rispetto a una eventuale nanoparticella, il volume di un organello intracellulare è maggiore di qualche milione di volte, quello di una cellula intera di qualche miliardo. Non possiamo quindi pensare che se nei vaccini ci fosse qualcosa di tutto ciò gli occhi esperti dei sopraccitati “scienziati” non lo avrebbero prontamente individuato, immediatamente descritto nei dettagli, e portato all’attenzione generale. Ergo, il rumorosissimo silenzio sulla presenza di cellule fetali o di loro frammenti nei vaccini ne dimostra indiscutibilmente l’assenza!

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