Preppers e survivalisti, il momento storico che stiamo vivendo da loro ragione

L’andamento degli ultimi anni ha preoccupato molte persone in tutto il mondo e alcuni di loro si sono organizzati in gruppi e movimenti di persone che si preparano già da tempo, psicologicamente e fisicamente, come stile di vita, ad eventuali catastrofi e a quella che chimano apocalisse, sono i survivalisti e i preppers

0
10695
Preppers e survivalisti, il momento storico che stiamo vivendo da loro ragione
Preppers e survivalisti, il momento storico che stiamo vivendo da loro ragione

Survivalisti e preppers hanno aumentato la loro preparazione dall’inizio di questo decennio. A loro modo di vedere si avvicina una fase molto pericolosa, al punto da mettere in pericolo l’esistenza della nostra stessa civiltà. Ma cosa spinge delle persone a diventare Preppers o survivalisti?

Abbiamo visto terminare il 2019 con un dramma durato mesi che ha colpito in prima linea l’Australia e scosso il mondo intero: un terribile incendio boschivo, causato probabilmente dalla caduta di un fulmine, che ha divorato milioni di ettari, spazzando via un intero ecosistema.

Tempeste di fuoco e immagini strazianti di animali hanno fatto il giro del mondo scuotendo la sensibilità pubblica mondiale. Se il 2019 ci ha lasciato con la Terra che bruciava, l’inizio del 2020 non è stato da meno, proprio alla vigilia del nuovo anno una violenta alluvione si è abbattuto sull’Indonesia allagando Jakarta, causando morti e migliaia di sfollati.

preppers

Intanto, sempre nel mese di Gennaio, nelle Filippine il vulcano Taal, piccolo ma pericoloso, ha iniziato ad eruttare per settimane ed a far registrare scosse sismiche, portando all’evacuazione di oltre 35.000 persone.

Non sono solo le catastrofi naturali a preoccupare la popolazione di tutto il pianeta ma anche il rischio di una Guerra mondiale causata delle guerre in corso, come ad esempio quella tra Russia e Ucraina o quella scatenata da Israele con Gaza in reazione all’eccidio terroristico del 7 ottobre scorso, che stanno mettendo a dura prova i delicati rapporti di equilibrio tra Medio oriente, USA, Russia, Unione europea e Cina.



Non possiamo neanche dimenticare l’epidemia scatenatasi su tutto il mondo nel 2020, partita dalla provincia cinese di Wuhan a causa di un nuovo ceppo di SARS rinominato SARS-CoV-2 in grado di provocare gravi polmoniti letali.

Per quanto il governo cinese abbia tentato di contenere la pandemia isolando la provincia colpita, il coronavirus si è espanso velocemente nel continente asiatico, arrivando anche in Italia e, in seguito, a diffondersi in tutto il mondo, anche negli USA, portando, con un crescendo spaventoso giorno dopo giorno a milioni di contagi e centinaia di migliaia di morti.

Su consiglio dell’OMS, per bloccare il propagarsi della pandemia, ogni nazione ha adottato, come metodo drastico ma inevitabile, una chiusura totale degli spostamenti ed anche delle attività lavorative: il lockdown, mettendo così l’economia mondiale in ginocchio e causando gravi conseguenze economiche e psicologiche per milioni di persone.

LE PROFEZIE

Secondo alcuni studiosi di esoterismo, Nostradamus, uno dei più grandi e famosi autori di profezie, già nel 1500 aveva predetto per il 2020, definito l’annus horribilis, grandi catastrofi naturali, nonché una grave crisi finanziaria con conseguente crollo dei mercati, cambiamenti climatici e terremoti, una probabile guerra mondiale e addirittura una pandemia.

Fin qui, per essere una profezia di oltre 500 anni fa c’è da rabbrividire per gli eventi accaduti dal 2020 in avanti. Anche i Maya, una civiltà nata addirittura nel 500 a.C., non sono da meno. Sul web sono circolate notizie su una nuova teoria secondo la quale la loro profezia di un’apocalisse sarebbe stata erroneamente data al 2012 e dovrebbe essere reinterpretata in un’altra data: il 21 giugno 2020.

Preppers e survivalisti

L’andamento degli ultimi anni ha preoccupato molte persone in tutto il mondo e alcuni di loro si sono organizzati in gruppi e movimenti di persone che si preparano già da tempo, psicologicamente e fisicamente, come stile di vita, ad eventuali catastrofi e a quella che chimano apocalisse, sono i survivalisti e i preppers.

Entrambi i gruppi, come scopo, hanno quello di sopravvivere, ma ciò che li distingue sono le tecniche e gli strumenti utilizzati a tale scopo.

I survivalisti hanno un numero di tecniche e competenze che hanno imparato per sopravvivere a BREVI PERIODI catastrofici o di emergenza nel caso la loro vita sia stata compromessa e si trovino proprio a dover lottare per la sopravvivenza.

Queste tecniche prevedono: il saper accendere un fuoco, costruire un riparo, cacciare e fabbricare trappole per animali, l’addestramento militare e nozioni di primo soccorso.

I preppers, a differenza dei survivalisti, si possono definire “formiche laboriose”. Il termine Prepper deriva dal verbo inglese “to prepare” ovvero preparare o preparasi.

Il movimento nasce dagli USA durante la guerra fredda e il loro scopo è quello di prepararsi già in anticipo a procurarsi fonti di energia, scorte di cibo e acqua, medicine e a costruire bunker, pronti a fronteggiare una catastrofe a lungo termine in cui il ritorno alla normalità non sia previsto nel breve periodo.

La preparazione dei preppers ha un respiro più ampio rispetto a quella dei survivalisti, protesi, invece, a sopravvivere nel breve periodo ad eventi eccezionali in attesa del ritorno alla nomralità.

preppers

Il survivalismo è un movimento di persone o gruppi che si preparano attivamente per le emergenze, future o eventuali, comprese possibili interruzioni o profondi mutamenti dell’ordine sociale o politico, su scale che vanno dal locale a quella internazionale. I survivalisti, a differenza dei preppers, hanno una formazione che riguarda le emergenze mediche, l’auto-difesa, l’approvvigionamento di scorte alimentari e acqua, l’autosufficienza logistica tramite la costruzione di strutture per sopravvivere o nascondersi (ad esempio, un rifugio sotterraneo) e la preparazione di equipaggiamenti da sopravvivenza.

Possibili scenari a cui si preparano i preppers

Gli eventi per i quali si preparano preppers e survivalisti sono principalmente:

  • Catastrofi naturali, modelli di apocalittiche crisi planetarie, o ingenti cambiamenti dei processi climatici terrestri (uragani, glaciazioni, terremoti, bufere di neve, tempeste solari, forti temporali).
  • Un disastro causato da attività umane (fuoriuscite chimiche, rilascio di agenti radioattivi o di materiali nucleari, guerre nucleari, chimiche o portate avanti con armi non convenzionali).
  • Un crollo generale della società causato da mancanza o indisponibilità di risorse come l’elettricità, il carburante, il cibo o l’acqua.
  • Crisi finanziarie o collassi economici (causati da manipolazione monetaria, iperinflazione, deflazione o depressione).
  • Una pandemia globale.
  • Caos diffuso da qualche altro inspiegabile o imprevedibile evento apocalittico.

Storia

Le origini del movimento moderno del survivalismo hanno avuto luogo nel Regno Unito e negli Stati Uniti a seguito delle minacce di guerra nucleare, per convinzioni religiose, e dopo la diffusione di varie opere letterarie, narrative e saggistiche, come romanzi post apocalittici o articoli su probabili collassi sociali o economici a seguito di stravolgimenti dell’ordine sociale.

Tra i programmi promossi dalla difesa civile statunitense durante la guerra fredda vi erano rifugi antiatomici, sia pubblici sia personali o privati, e la formazione per i bambini, come i film Duck and Cover. La Chiesa di Gesù Cristo dei santi degli ultimi giorni (LDS) per lungo tempo ha indirizzato i suoi membri affinché mettessero da parte provviste per almeno un anno per loro e per le loro famiglie. L’insegnamento attuale consiglia almeno tre mesi di provviste.

La Grande Depressione che seguì il crollo di Wall Street del 1929 è spesso citata dal movimento di sopravvivenza come esempio della necessità di essere preparati.

Solitamente survivalisti e preppers vengono fatti confluire in un’unica categoria. Tuttavia esistono profonde differenze nell’approccio, nello stile di vita e nelle strategie adottate da questi due gruppi. Queste differenze tuttavia si devono considerare prevalentemente in linea di principio, perché in pratica vi sono molteplici sovrapposizioni ed aspetti in comune. Ogni individuo nella sua preparazione può essere più o meno incline ad un approccio o all’altro.

Survivalisti

Il survivalista tipico ha un approccio più “militare” alla gestione delle emergenze. Solitamente il suo stile di vita “pre-evento” è già improntato molto alla sopravvivenza e riflette questo atteggiamento nell’abbigliamento, negli strumenti usati, nelle attività di tutti i giorni. L’atteggiamento mentale del survivalista è quello di essere in grado di risolvere qualsiasi problema pratico nelle situazioni di emergenza. Per questo studia tecniche di sopravvivenza nella natura, si interessa di caccia, pesca ed altri sistemi di sussistenza da adottare in caso di necessità. La maggior parte dei survivalisti punta innanzitutto alla sopravvivenza personale: è perfettamente in grado di badare a se stesso e tendenzialmente punterà a fare quello.

Preppers

Lo scopo dei preppers è quello di difendere la propria qualità di vita in seguito ad una emergenza. La maggior parte della sua attività si concentra nel “pre-evento” ed ha lo scopo di subire meno privazioni possibili nel “post-evento”. I preppers non puntano solo a saper risolvere un problema, di qualsiasi natura e tipologia possa essere (pratico, manuale, economico, meccanico, elettronico) ma soprattutto a capire come far sì che quel problema non si presenti ma anche ad essere pronti nel caso si presentasse.

I preppers puntano quindi prevalentemente alla prevenzione e alla preparazione necessaria per ridurre al minimo possibile l’impatto di eventuali emergenze. La maggior parte dei preppers tendono ad agire da soli, coinvolgendo al massimo la propria famiglia o la propria cerchia intima, per cui le attività dei preppers sono finalizzate alla protezione di un piccolo gruppo di persone a cui possono essere affidati compiti e ruoli differenti. Statisticamente infatti molti uomini iniziano ad interessarsi al prepping nel momento in cui diventano padri.

Un’altra delle differenze principali sarebbe quella secondo cui il survivalist si specializza in modo verticale nella sopravvivenza in uno specifico scenario ad alto rischio e di forte difficoltà (ma anche meno probabile e realistico) mentre i preppers tendono ad avere una preparazione molto più vasta, ma meno approfondita in diversi settori, per diversi ambienti e diversi eventi che possono presentarsi con più facilità nella vita di tutti i giorni.

Strategie

Nel contesto del survivalismo esistono essenzialmente due strategie che possono sintetizzarsi con il “bugging in” e il “bugging out“. Entrambe rispondono al verificarsi di un evento e richiedono comunque una preparazione preventiva rispetto allo stesso (ad esempio: addestramento per la sopravvivenza in ambienti naturali, acquisizione di competenze tecniche o di sopravvivenza, pianificazione attività, accumulazione materiali, ecc).

In linea di principio il bugging in risponde maggiormente alla mentalità dei “preppers” (se non in prima istanza, almeno dopo un pianificato bugging out) mentre quella del bugging out a quella del “survivalista”, ma, come detto in precedenza, le strategie e le tattiche operative delle due figure sono spesso sovrapponibili.

Bugging in

È la strategia che prevede di trincerarsi in casa o in un luogo sicuro (eventualmente dopo il ricorso a una strategia di bugging out) appositamente preparato. In casi estremi molti preppers approntano veri e propri bunker. La strategia prevede di restare al sicuro all’interno della struttura fino alla fine della minaccia. L’implementazione prevede che la struttura sia rifornita di acqua, viveri ed ogni altra cosa potrebbe essere necessaria in questo periodo di tempo.

Bugging out 

Questa strategia prevede di abbandonare la propria abitazione in seguito ad un evento per trovare rifugio in un luogo più distante dalla minaccia e quindi più sicuro. Essendo una strategia, il bugging out non è una semplice fuga, richiede infatti una pianificazione preventiva della destinazione, del percorso e del materiale di supporto da prelevare al momento dell’attivazione della strategia.

Nel bugging out si prevede di approntare una o più delle seguenti risorse od attrezzature:

  • Bug out location (b.o.l.)

Un rifugio sicuro, come una casa di villeggiatura, di amici o parenti in cui trasferirsi. La strategia richiede che nella b.o.l. vi siano stati già predisposte scorte di acqua, viveri, altri generi di prima necessità (in quanto una volta raggiunta la bug out location la strategia del bugging out si trasformerebbe in un bugging in).

  • Bug out bag (b.o.b.)

Uno zaino con tutto l’occorrente per sopravvivere durante l’implementazione della strategia del bugging out.

Rientra in questa categoria la cosiddetta “72hours bag” raccomandata alla popolazione degli Stati Uniti dalla Federal Emergency Management Agency (F.E.M.A.) – corrispondente all’italiano Dipartimento della Protezione Civile. Il nome assegnato allo strumento è da ricollegarsi al tempo (appunto 72 ore) massimo stimabile in cui il kit potrebbe fornire supporto ai cittadini dopo il verificarsi di un evento calamitoso nell’attesa che le strutture di soccorso provvedano ad intervenire ed implementare una organizzazione effettiva di assistenza.

  • Bug out vehicle

Il mezzo (eventualmente più di uno) con cui ci si sposterà dalla propria abitazione verso la bug out location. Anche per questo strumento è possibile approntare dei kit specifici in sostituzione o in aggiunta alla b.o.b..

Scorte ed accumulo

Uno dei cardini della preparazione è quello di accumulare scorte di materiali e risorse che potranno essere indispensabili, necessarie o utili alla sopravvivenza dopo il verificarsi dell’evento. A seconda dello scenario per cui ci si prepara gli elementi di cui fare scorta possono cambiare molto. In generale però si ritrovano questi elementi:

  • acqua potabile per uso personale, per la cucina e per l’igiene personale o ambientale (oltre a strumenti per filtrare e potabilizzare l’acqua);
  • cibo, generalmente in scatola o comunque a lunga conservazione;
  • medicinali di ogni tipo, soprattutto quelli che si è usi assumere;
  • attrezzi e strumenti in genere (corde, chiodi, martelli, pinze, cacciaviti, coltelli, seghe, apriscatole, cavatappi ecc.);
  • armi o altri strumenti di difesa e per la sicurezza delle persone e dei luoghi;
  • strumenti per garantire energia termica (riscaldamento e cucina) e illuminazione.

Molte di queste categorie di accumulo (acqua, cibo, medicinali) rientrano in strategie “trasversali”, ovvero che rispondono contemporaneamente a molteplici situazioni emergenziali quindi applicate soprattutto dai preppers che contano meno dei survivalisti nell’improvvisazione.

Modi di dire in uso nel prepping rispetto alla preparazione e alle scorte

L’importanza della preparazione nell’accumulo di scorte alimentari o strumentali si ritrovano in alcune espressioni in uso nel mondo del prepping o survivalismo.

  • Nove pasti dall’anarchia” (nell’originale “Nine meals from anarchy”), espressione attribuita al politico britannico Lord Cameron of Dillington e tesa a evidenziare come un ipotetico collasso dell’ordinaria logistica distributiva di beni e servizi porterebbe a disordini sociali in capo a tre giorni (ovvero 9 pasti dopo l’evento). Il contesto più ampio e diversificato da cui origina l’espressione è comunque ben sintetizzato nella stessa, la quale concretizza difficoltà di reperimento di beni di prima necessità (nell’esemplificazione in riferimento solo al fattore alimentare) a pochi giorni da un evento avverso di rilevante portata.
  • La cosiddetta “regola del 3“. Questa ha lo scopo di ordinare le necessità primarie di un individuo in modo da disporre in ordine di rilevanza le risposte da attuare o di strumentazione da predisporre in una ipotetica situazione emergenziale.

La “regola del 3” spiega che “Si può sopravvivere 3 minuti senza aria (ovvero ossigeno), 3 ore senza riparo3 giorni senza acqua, 3 settimane senza cibo“.

Anche la Regola del 3 è una esemplificazione, in quanto va confrontata con i casi soggettivi e ambientali effettivi. Ad esempio si sono presentati casi di eventi calamitosi che hanno visto il salvataggio di sopravvissuti anche dopo periodi più lunghi di privazioni di acqua o cibo. Inoltre è da considerare che, ad esempio, il riferimento al tempo massimo di sopravvivenza senza riparo va riferito a condizioni climatiche estreme (deserto, ambienti montani o polari) e che molti dei limiti indicativi suindicati dipendono dalle condizioni fisiche di ogni individuo.

CONSIDERAZIONI

Siamo all’inizio del 2024 e non possiamo di certo affermare che i primi anni di questo decennio siano stato un buon periodo su tutti i fronti.

Superato il COVID-19, ormai entrato di diritto tra le malattie stagionali ma meno pericolo grazie ai vaccini, retano ancora grandi minacce sul nostro orizzonte: per quanto riguarda le catastrofi naturali purtroppo sappiamo tutti che madre natura è imprevedibile, e dinnanzi ad essa, siamo tutti inermi. Terremoti, alluvioni, la possibilità che un asteroide cada dal cielo, tempeste solari, cambiamenti climatici e una possibile guerra mondiale, davanti a noi si profila ogni genere di minaccia e tutte potenzialmente in grado di rivoluzionare drasticamente la vita di ognuno di noi riportandoci improvvisamente nell’era pre-industriale.

Ciò che è veramente sicuro è che gli ultimi anni hanno già segnato molte persone e c’è un pezzo di storia che deve ancora finire di essere scritto.

Forse, survivalisti e preppers potrebbero finire per avere avuto ragione. 

2