OOPArts: il meccanismo di Antikythera

Questo complesso meccanismo, ritrovato agli inizi del '900 tra i resti di una galera romana affondata al largo di Creta, risale al primo secolo avanti Cristo e da alcuni sedicenti ricercatori indipendenti è considerato un OOPArt, un oggetto anacronistico rispetto alle conoscenze scientifiche e tecnologiche della sua epoca. In realtà non è così...

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Il 17 maggio 1902, venne localizzato il relitto di un’antica nave romana, si trovava vicino all’isola di Cerigotto (Antikythera), tra il Peloponneso e Creta.

In seguito, grazie all’esplorazione del relitto, vennero alla luce diversi reperti, il più noto è un congegno meccanico che oggi chiamiamo macchina di Antikythera. La macchina, delle dimensioni di circa 30 cm per 15 cm, dello spessore di un libro, è costruita in rame e originariamente montata in una cornice in legno, ricoperta da oltre 2.000 caratteri di scrittura.

Inizialmente fu difficile stabilire cosa fosse, perché le parti in rame di cui era composto il meccanismo erano corrose e danneggiate a causa della permanenza nei fondali marini, ma dopo un lungo e complicato lavoro di restauro la macchina venne ricostruita e fu evidente che si trattava di un complesso meccanismo che riproduceva il moto dei pianeti attorno al Sole (i cinque noti all’epoca) e le fasi lunari.

Le prime ipotesi furono che, essendo il meccanismo molto complesso, fosse stato realizzato in un’epoca non troppo lontana dalla nostra e che per puro caso fosse finito sui fondali vicino Creta, nei pressi della nave romana, le analisi effettuate sull’oggetto, però, raccontavano un’altra storia: l’oggetto era stato costruito attorno al primo secolo dopo Cristo.

Diverse parti del meccanismo sono composte da ingranaggi di dimensioni ridotte, nella macchina, addirittura, è presente un settore di circa sette mm che contiene 5 ingranaggi. La macchina inoltre funziona in base al ciclo metonico, scoperto da Metone, astronomo Greco del V secolo avanti Cristo, un ciclo di 19 anni solari e 254 mesi lunari.



Nel 1951, il professor Derek de Solla Price cominciò a studiare il congegno, esaminando scrupolosamente ogni ruota e ogni pezzo e riuscendo, dopo circa vent’anni di ricerca, a dedurne il funzionamento originario, tanto che oggi ne sono state realizzate diverse versioni funzionanti.

Nel giugno 2016, un team di scienziati, servendosi di scansioni ad alta risoluzione con raggi X, è riuscito a leggere le lettere di un’iscrizione incisa al suo interno, il meccanismo era utilizzato per calcolare eventi astronomici, eclissi e le date dei giochi olimpici

La complessità della macchina era dovuta a una ventina di ruote dentate e un differenziale, più svariati ingranaggi. Il differenziale serviva ad ottenere una rotazione a velocità pari alla somma o alla differenza di due rotazioni date che sarebbe stato “riscoperto solo nel XVII secolo e utilizzato negli orologi meccanici”.

Lo scopo del meccanismo era quello di mostrare, oltre ai mesi lunari siderali, anche le lunazioni, ottenute dalla sottrazione del moto solare al moto lunare siderale, e prevedere le eclissi. Sulla base della sua ricerca, Price concluse che, contrariamente a quanto si era fino ad allora creduto, nella Grecia del II secolo a.C. esisteva effettivamente una tradizione di altissima tecnologia.

La macchina era azionata tramite una manovella e probabilmente veniva usata a scopo didattico. Come scrive Focus, siamo abituati a non farci quasi più sorprendere dalla scienza, ma questa macchina del passato non ha davvero mai smesso di stupire. Nel 2008, Alexander Jones, dell’Istituto per gli studi sul Mondo Antico di New York, riuscì a tradurre alcune iscrizioni scoprendo che i nomi dei mesi incisi sullo strumento erano quelli utilizzati nelle colonie corinzie, in particolare a Siracusa, in Sicilia. Dunque il meccanismo potrebbe essere stato realizzato in Sicilia.

Nel 2010 si è scoperto che la macchina calcola le eclissi, oltre alle fasi lunari e il moto dei pianeti (i cinque noti a quel tempo). Di più: dall’interpretazione di alcune incisioni sulla macchina stessa si è capito che indicava esattamente le date delle Olimpiadi e dei giochi panellenici associate.
Ancora più recentemente, lo stesso Jones ha pubblicato un nuovo lavoro su Almagest in cui afferma di essere riuscito a leggere i circa 3.500 caratteri presenti sulla macchina, in pratica tutto quello che si trova sui frammenti recuperati. E sostiene che lo scritto somiglia a una guida filosofica del cielo: “Siamo riusciti a capire il modo col quale venivano predette le eclissi nel 100 avanti Cristo – spiega – e quali conoscenze avevano dei movimenti planetari: abbiamo fatto un passo in avanti importante nella comprensione di ciò che era l’astronomia greca di quel periodo”.

Ad Alessandria d’Egitto in pieno l’ellenismo, operarono molti studiosi che si dedicarono anche alla tecnologia realizzando meccanismi e automi come la macchina a vapore di Erone.

Aggiungiamo che Cicerone cita la presenza a Siracusa di una macchina circolare costruita da Archimede e ascrivibile quindi alla fine del III secolo a.C., con la quale si rappresentavano i movimenti del Sole, dei pianeti e della Luna, nonché delle sue fasi e delle eclissi. In un altro passo Cicerone parla di un meccanismo, realizzato dal suo amico Posidonio di Rodi, che riproduceva in modo esatto il moto diurno e notturno del sole, della luna e dei cinque pianeti.

Per rivedere macchine simili bisognerà attendere il 1050 ma, nonostante le tante farneticazioni di diversi ricercatori che ritengono la macchina un OOPArts, cioè un oggetto fuori dal contesto tecnologico della sua epoca, esso rimane perfettamente integrato nelle conoscenze del periodo tardo ellenistico: vi sono rappresentati solo i cinque pianeti visibili a occhio nudo e il materiale usato è un metallo facilmente lavorabile, il rame.

Insomma, nessun mistero ma solo ammirazione per l’ingegnosità e l’abilità tecnica degli anti studiosi, capaci di lavorare di cesello e realizzare opere così complesse miniaturizzando al massimo i meccanismi.

La macchina (o meccanismo) di Antikythera è una scoperta favolosa che dimostra l’abilità e l’ingegno di quei nostri geniali antenati.


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