La vita marziana si nutriva di rocce?

Formalmente noto come Northwest Africa 7034, Black Beauty è uno dei meteoriti marziani visivamente più sbalorditivi. È composto da un tipo di breccia vulcanica, composto da un insieme di frammenti rocciosi che si sono fusi insieme in un modello a grana fine. I ricercatori lo hanno utilizzato per studiare il contenuto d'acqua su Marte e la sua storia geologica

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Pochi astronomi al mondo hanno la fortuna di analizzare alcuni tra i materiali più rari presenti sulla Terra, i meteoriti provenienti da Marte.

Questi piccoli frammenti provenienti dal pianeta rosso sono eccezionalmente rari, ma sono inestimabili perché permetteranno agli scienziati di comprendere la geologia di Marte e non solo.

Uno di questi frammenti di roccia marziana più conosciuto al mondo, soprannominato “Black Beauty”, viene studiato per far luce su un’area della scienza molto più speculativa: l’esistenza della vita su Marte.

Formalmente noto come Northwest Africa 7034, Black Beauty è uno dei meteoriti marziani visivamente più sbalorditivi.

È composto da un tipo di breccia vulcanica, formato da un insieme di frammenti rocciosi che si sono fusi in un modello a grana fine. I ricercatori lo hanno utilizzato per studiare il contenuto d’acqua e la sua storia geologica di Marte.



Ricerche effettuate in passato avevano suggerito che il raro meteorite avesse circa due miliardi di anni, ma nuovi test indicano che la roccia risale effettivamente a 4,4 miliardi di anni fa.

Il meteorite, scuro e lucido, soprannominato Black Beauty, si sarebbe formato quando il Pianeta Rosso aveva un’età di appena cento milioni di anni.

Conosciamo un centinaio di meteoriti marziani, ma quasi tutti sono più giovani e hanno un’età compresa tra 150 e 600 milioni di anni. Queste rocce sarebbero giunte sul nostro pianeta dopo che gli impatti di asteroidi o comete le avrebbero strappate dal suolo marziano, lasciandole libere di viaggiare nello spazio prima di impattare sul nostro pianeta.

La maggior parte della ricerche condotte sul meteorite marziano Black Beauty sono state eseguite senza distruggere alcun frammento della preziosa roccia.

Tuttavia, l’ultimo studio, condotto da un team di ricercatori dell’Università di Vienna ha avuto bisogno di testare in modo distruttivo una parte del meteorite estraendone una scheggia e riducendola in grani estremamente fini.

I ricercatori, una volta trasformata la scheggia del Black Beauty in polvere, hanno fatto qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima; hanno introdotto dei batteri terrestri su un substrato proveniente dal suolo marziano.

Vita estrema su Marte?

Il batterio che hanno introdotto, noto come Metallosphaera sedula, un tipo di batterio che appartiene a quella classe di microrganismi che si nutrono di minerali. Si chiamano chemiolitotrofi e comprendono batteri archeobatteri.

Anche se Metallosphaera sedula si nutre di minerali, le modalità con cui ricava energia è la stessa utilizzata da forme di vita come la nostra, cioè tramite l’ossidazione di donatori di elettroni: la differenza è che noi estraiamo gli elettroni da molecole organiche, il batterio li estrae da composti inorganici, come il solfuro di idrogeno e lo ione ferro.

Tra i chemiolitotrofi, molti si nutrono di rocce terrestri, ma alcuni si sono evoluti per nutrirsi dello speciale mix di minerali contenuto nei meteoriti, che sono fonte di ioni metallici ed elementi rari come il fosforo. 

Leptospirillum ferrooxidans e Acidithiobacillus ferrooxidans, ad esempio, riescono a ossidare il ferro contenuto nei meteoriti.

Metallosphaera sedula prospera in ambienti ad alta temperatura e altamente acidi, molto simili all’ambiente in cui si pensa che Black Beauty si sia evoluto su Marte circa 4,4 miliardi di anni fa.

Quando gli scienziati hanno introdotto Metallosphaera sedula su un substrato costituito dai grani del meteorite, hanno osservato come i batteri hanno preso i componenti che costituivano il meteorite e, utilizzando l’attività biologica, li hanno trasformati in composti utilizzabili.

La cosa più interessante è che i ricercatori hanno introdotto Metallosphaera sedula in altri substrati mineralogici con origini solo leggermente più banali: una serie di minerali dalla Terra e un meteorite condritico standard.

In una parola, i risultati della crescita dei batteri sui tre diversi substrati erano “distinguibili”. Significa che Metallosphaera sedula ha introdotto un netto cambiamento biochimico ai frammenti del meteorite Black Beauty, cambiamento che non ha apportato agli altri due substrati utilizzati nella prova.

Date le condizioni ambientali su Marte intorno alla formazione di Black Beauty, non è del tutto escluso che un batterio simile a Metallosphaera sedula possa essere stato presente in passato sul pianeta rosso e sia stato in grado di attuare lo stesso tipo di biotrasformazione alla roccia ricca di ferro che esisteva sulla superficie di Marte.

Gli scienziati sarebbero ancora in grado di osservare le biofirme residue di qualsiasi biotrasformazione di questo tipo oggi sul suolo di Marte.

Con l’arrivo del rover Perseverance avvenuto pochi giorni fa e con un altro rover lanciato dalla Cina che toccherà il suolo marziano tra pochi mesi, attrezzature tecnologicamente più avanzate inizieranno a studiare la superficie marziana in maniera più efficace che in passato.

Uno dei segni rivelatori che gli strumenti installati a bordo dei rover cercheranno sono le firme biologiche.

La ricerca condotta dal team dell’Università di Vienna offrirà dati estremamente utili alla ricerca della vita sul suolo di Marte anche se ha dovuto distruggere una piccola parte di uno dei meteoriti marziani più preziosi e straordinari giunti sulla Terra.

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