L’avvento dei Rosacroce

La parola scritta ha un grande potere, può a volte plasmare una gioco intellettuale, un utopia filosofica fino a farla diventare reale. E' il caso della nascita dell'ordine dei Rosacroce...

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Indice

Siamo nel 1614 ed a Kassel, in Germania, qui appare un libello anonimo dal titolo chilometrico “Riforma universale e generale dell’intero universo. Seguita dalla “Fama fraternitatis” dell’Onorevole Confraternita della Rosa-Croce, indirizzata a tutti gli uomini e ai sovrani d’Europa, e da una breve risposta inviata dal signor Haselmayer, il quale per questo motivo è stato arrestato e gettato in prigione dai Gesuiti e incatenato su una galera. Ora data alle stampe e resa nota a tutti i cuori sinceri.

Questo testo dal titolo pretenzioso non era altro che la traduzione di un’operetta satirica di Traiano Boccalini che però ad un certo punto virava verso toni esoterici e misteriosi, descrivendo il “manifesto” di un Ordine antico di cui fino ad allora nessuno aveva sentito parlare eppure già diffuso, si diceva, in ogni angolo del globo.

Secondo la Riforma questo ordine era stato fondato da un certo Christian Rosencreutz che nel 1400, viaggiando tra l’Africa e l’Europa ne aveva appreso i segreti alla base della fondazione dell’Ordine che aveva compiuto alla venerabile età di 106 anni, poco prima di rendere l’anima a Dio.

I confratelli Rosacroce si prodigavano secondo il testo ad avviare un’era di pace, amore e saggezza per tutta l’umanità. Per un secolo turbolento come il diciassettesimo questo trattatello dal titolo esorbitante poteva rappresentare soltanto una meteora, ma appena un anno dopo, nel 1615, un altro scritto anonimo rincarava la dose assicurando che i segni del nuovo corso rosacrociano erano già presenti.

Si trattava della Confessio, un nuovo manifesto del fantomatico ordine. A questo punto non ci si deve stupire, se l’anno successivo, il 1616 vede una terza pubblicazione, anch’essa anonima, “Le nozze chimiche di Christian Rosencreutz”, un resoconto dettagliato di un complesso cammino iniziatico compiuto e narrato in prima persona dal padre della Rosacroce, un’enigmatica ricerca simbolica, su cui appariva in bella vista la data ingannevole «Anno 1459».



A questo punto il pensiero filosofico dei rosacroce non è più patrimonio di un gruppo sparuto di lettori. Ben presto una valanga di pubblicazioni inondò il mercato, tra queste “Eco della Confraternita illuminata da Dio” (1615), di Julius Sperber che assicurava che la dottrina rosacrociana era stata fondata nientedimeno che da Adamo, conservata da Noè e dunque trasmessa a Zoroastro per poi giungere fino a Marsilio Ficino e a Pico della Mirandola.

Naturalmente a far da contraltare ai sempre più numerosi estimatori di questo ordine misterioso si schierarono altrettanti intellettuali e teologi dei rosacrociani come imbroglioni o addirittura discepoli del demonio. E molti battevano le loro critiche nel punto debole dell’Ordine dei Rosacroce. Perché nessuno si manifestava come appartenente all’ordine se si scriveva che gli adepti erano così numerosi da essere diffusi su tutta la Terra? Perché rimaneva invisibile a tutti?

Poi nell’agosto del 1623, Parigi si sveglia scoprendo che la città era stata tappezzata da centinaia di manifesti che annunciavano l’arrivo dei Rosacroce. Forte fu la reazione di alcuni nemici dichiarati del fantomatico ordine come i gesuiti o il potente cardinale Richelieu. Dopo nove anni di trattati e libelli i Rosacroce sembravano finalmente uscire dalle pagine scritte manifestandosi nella realtà della vita quotidiana.

D’altra parte il manifesto affisso sui muri di Parigi si chiudeva dicendo che per coloro che credono nei valori e nell’insegnamento dei Rosacroce la visibilità dell’ordine sarà garantita mentre per i miscredenti gli adepti rimarranno invisibili come lo erano stati nei secoli precedenti.

Insomma da una costruzione letteraria e fantastica sembrava emergere e consolidarsi una presenza reale e concreta. Grande dovette essere lo stupore in quel cenacolo di intellettuali che era stato all’origine dell’invenzione dei Rosacroce. Si trattava di un gruppo di eruditi, appassionati di misticismo, religione, alchimia e politica, riuniti nel cenacolo del medico e seguace di Paracelso, Tobias Hess. Tra essi emergeva un giovanotto destinato a far parlare di sé: il pastore protestante Johann Valentin Andreae, autore delle famigerate Nozze chimiche.

Era stato questo club di amici che si riuniva a Tubinga nella casa di Hess a concepire la trama dei Rosacroce, un progetto letterario a metà strada tra la ricerca dell’Utopia e il divertissement intellettuale. Quello che questo gruppo di intellettuali traccia, con le opere anonime che diffondono a partire dal 1614 è una società di giusti, cristiana ma alchemica, aperta all’intera umanità.

I giovani di Tubinga non avevano mai avuto in animo di fondare alcuna setta od ordine, il loro era un intento didascalico per perseguire sotto l’architrave del protestantesimo una società più giusta dove religione, esoterismo e politica formavano un impasto originale ed a tratti confuso.

Quando questo gioco intellettuale sfugge di mano ai suoi inventori, lo stesso Andreae interverrà più volte per chiarire che i Rosacroce erano poco più di un simbolo o, come scrisse nel Menippus del 1617, un puro ludibrium curiosorum. «Ascoltate, voi, mortali», raccomandava nella Turris Babel nel 1619, «invano aspettate la venuta della Confraternita».

Insomma fa chiaramente capire che non esiste alcun ordine rosacrociano. Ormai però è troppo tardi e Tommaso Campanella lo scrive chiaramente: “Nel momento in cui questo fantasma fu lanciato in Europa, nonostante la Fama e la Confessio testimonino chiaramente in più punti che si tratta solo del gioco senza importanza di uno spirito ozioso… in ogni paese perfino uomini molto sapienti e devotissimi si sono lasciati ingannare al punto di offrire i loro servigi e il loro impegno.

Così grazie alla forza della parola scritta un ordine inesistente inizia a concretizzarsi veramente. Sparsi per l’Europa gruppi di persone si dichiarano rosacrociani di fatto materializzando nella realtà un’invenzione letteraria.

E se va respinta la teoria che vuole i rosacroce come progenitori della massoneria è accertato che nel  XVIII secolo diverse società segrete, legate più o meno strettamente alla massoneria, iniziarono a rivendicare una discendenza dal mitico ordine. “Cavaliere Rosa-Croce” o “Cavaliere dell’Aquila e del Pellicano” è comunque la denominazione del 18º grado del “Rito scozzese antico ed accettato” e “Sovrano Principe Rosa+Croce, Cavaliere dell’Aquila” quella del IV Ordine, 7º grado del “Rito francese”.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Sarà Vero di O. Buonanno

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