Le voyager e il futuro tra le stelle

La NASA, con le sonde Voyager, riscrisse l'astronomia prendendo per la prima volta immagini a distanza ravvicinata di Giove, Saturno, Urano e Nettuno, sfruttando un vero e proprio colpo di biliardo cosmico.

0
2165
Indice

Nel 1977, la NASA ha inviato le sonde interplanetarie gemelle Voyager 1 e 2 per studiare il sistema solare esterno.
L’agenzia spaziale americana era da pochi anni reduce dell’impresa della conquista della Luna con le missioni Apollo. Dopo questi storici trionfi la NASA lanciò la muova straordinaria missione grazie a un raro allineamento dei quattro pianeti esterni del sistema solare che avviene solo una volta ogni 175 anni. L’agenzia, con le sonde Voyager, riscrisse l’astronomia prendendo per la prima volta immagini a distanza ravvicinata di Giove, Saturno, Urano e Nettuno, sfruttando un vero e proprio colpo di biliardo cosmico.
Una volta arrivate nei pressi di Giove le sonde gemelle hanno fatto scoperte rivoluzionarie individuando i vulcani sulla luna Io e scoprendo che Europa è probabilmente un mondo oceanico. Hanno Studiato l’atmosfera di Saturno e osservato nuovi anelli. La Voyager 2 ha restituito sguardi ravvicinati di Urano e Nettuno e ancora oggi gli scienziati compiono nuove scoperte lavorando ai dati delle sonde gemelle.
Finito?
Per nulla, il lavoro delle sonde non si è concluso con l’esplorazione di Nettuno ma continua. Le missioni Voyager 1 e Voyager 2 sono attive ancora oggi, essendo di fatto le missioni spaziali di più lunga durata e a maggiore distanza effettuate nella storia dell’esplorazione dello spazio. Sebbene ognuna di esse stia seguendo una traiettoria diversa, entrambe le sonde spaziali si stanno allontanando sempre di più, il loro viaggio però è ancora lungo.
Ora le due sonde sono dirette verso il bordo interno della nube di Oort e, alla velocità attuale di 52.000 chilometri l’ora, impiegheranno 300 anni a raggiungerlo e qualcosa come 30.000 anni per attraversarla. Dopo altri 40.000 anni la Voyager 1 sarà nelle vicinanze di una stella, ma per vederne realmente una da vicino dovrà viaggiare per 300.000 anni.
Le sonde saranno solo due piccoli manufatti tecnologici realizzati dagli esseri umani che per allora si saranno probabilmente estinti da tempo o saranno mutati in qualcosa di molto diverso, certamente si saranno dimenticati delle loro figlie meccaniche costruite e lanciate dai loro antenati a muta testimonianza di un passato pioneristico.
Nel 2012 la Voyager 1 è stata il primo veicolo spaziale a raggiungere lo spazio interstellare, gli scienziati lo hanno determinato grazie ai cambiamenti misurabili rilevati dalla sonda quando ha superato l’eliopausa.
Il nostro Sole genera un intenso flusso di particelle, il vento solare, che scorre verso l’esterno in tutte le direzioni e crea un campo magnetico che protegge i pianeti dalle particelle interstellari. Il vento solare produce una bolla chiamata eliosfera e l’eliopausa è il suo confine esterno, dove l’influenza del nostro Sole non riesce più a contrastare l’attività delle altre stelle.
Sia la Voyager 1, che la Voyager 2, hanno misurato il campo magnetico appena dentro e appena fuori dall’eliopausa, non trovando cambiamenti significativi nella sua direzione generale. Ma la Voyager 2, tuttavia, ha regalato un’altra sorpresa quando gli scienziati della NASA hanno pubblicato i primi risultati delle misurazioni fatte al di là dell’eliopausa: gli scienziati si aspettavano che le particelle del nostro sole non “fuoriuscissero” dall’eliosfera nello spazio interstellare, ma la Voyager 1 non ha visto tale fuoriuscita. La Voyager 2,al contrario, ha misurato un piccolo rivolo di particelle solari che passano attraverso l’eliopausa. Negli ultimi anni, le sonde gemelle hanno scoperto che il vento solare si muove più lentamente del previsto al limite del sistema solare.
Fino dalla loro partenza dalla Terra avvenuta più di 40 anni fa, la NASA è rimasta quasi costantemente in contatto con le sonde Voyager. Tuttavia, l’agenzia spaziale ha temporaneamente smesso di ricevere messaggi dalla Voyager 2 mentre lavorano per riparare e aggiornare una delle tre antenne di terra Deep Space Network utilizzate per comunicare con le sonde.
Il rischio è alto e una volta riparate e aggiornate le antenne si potrebbe perdere per sempre il segnale della Voyager 2. Tuttavia la Terra è ancora in contatto con la Voyager 1.
La sonda è ancora operativa e gli scienziati intendono continuare a usarla centellinando la sua energia fino a quando sarà possibile.
Entrambe le sonde dovrebbero essere in grado di mantenere in funzione almeno uno strumento scientifico fino al 2025. E anche in seguito, la NASA prevede di continuare a ricevere i dati di ingegneria dalle sonde fino al 2035, quando supereranno la portata delle antenne del Deep Space Network. Le sonde non saranno comunque in grado di fare di più, il loro viaggio interstellare non ci dirà nulla delle stelle che eventualmente incontreranno.
La NASA ha sempre saputo che le sonde Voyager si sarebbero spente molto prima di percorrere una distanza apprezzabile verso le stelle e gli scienziati non potevano chiedere di più. Tuttavia Carl Sagan, prima del lancio delle due sonde, aiutò la NASA a creare qualcosa di unico per la missione, nella remota eventualità che una civiltà aliena entrasse in contatto con una delle sonde o nel caso in cui i nostri discendenti in un futuro lontano ne ritrovino una.
Ogni sonda spaziale porta a bordo un disco d’oro con una registrazione, una capsula del tempo con i contenuti scelti da un comitato guidato proprio da Carl Sagan. I messaggi contengono immagini e suoni della Terra, così come musica di dozzine di paesi e saluti in 55 lingue. Un giorno le sonde si spegneranno, ma porteranno per molto tempo i nostri saluti alle stelle.
“Miliardi di anni da oggi, il nostro sole, allora una stella gigante rossa dilatata, avrà ridotto la Terra in una cenere carbonizzata”, disse una volta Sagan. “Ma il disco delle Voyager sarà ancora in gran parte intatto, in qualche altra remota regione della galassia della Via Lattea, conservando il mormorio di un’antica civiltà che un tempo fioriva – forse prima di passare a grandi opere e altri mondi – sul lontano pianeta Terra”.
Quei dischi insieme alle sonde probabilmente viaggeranno per sempre nella galassia sfiorando qualche stella e nulla più. Tuttavia nessuno ci impedisce di sperare che qualcuno là fuori le trovi e raccolga i nostri messaggi.
Saranno in grado eventuali razze che nulla hanno condiviso con noi umani di capire il nostro messaggio? Probabilmente no, però sapranno che è esistita una specie di esseri che hanno cercato con tutte le loro energie di capire l’infinito.
Fonte: https://www.discovermagazine.com/the-sciences/voyager-whats-next-for-nasas-interstellar-probes

2