L’uomo di Similaun, un cold case di 7000 anni fa

Uno degli omicidi irrisolti più vecchi della storia dell'umanità ci ha permesso non di scoprire non solo assassino e movente ma elementi fondamentali paleoantropologici

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L’uomo di Similaun, un cold case di 7000 anni fa
L’uomo di Similaun, un cold case di 7000 anni fa

2Durante un’escursione, compiuta tra il 19 settembre e il 22 settembre 1991 presso il confine italo-austriaco, sullo Hauslabjoch, nella zona di Similaun, i coniugi  Erika e Helmut Simon di Norimberga  si imbattono in una mummia eccezionalmente ben conservata.

Il corpo è talmente ben conservato che i coniugi tedeschi pensano che possa trattarsi di uno sfortunato alpinista incorso in un incidente ed avvertono la gendarmeria austriaca.
La polizia, ignara che si trattasse di un reperto antico, lo tirò fuori dal ghiaccio con forza, danneggiando sia il corpo sia gli oggetti sparsi lì attorno.

I coniugi Simon erano riusciti ad individuare il corpo grazie ad un evento eccezionale quell’anno, una tempesta di sabbia nel lontano Nord Africa aveva scagliato nell’atmosfera un certo numero di granelli che finirono per depositarsi sul ghiaccio che copriva Ötzi (così sarà soprannominata la mummia). Questi granelli, assorbendo i raggi del sole, sciolsero il ghiaccio e riportarono alla luce la testa, le spalle e la parte superiore del busto.

Non ci volle molto alle indagini forensi per stabilire che il corpo rinvenuto apparteneva ad un uomo vissuto migliaia di anni prima.

Il ritrovamento, avvenuto per questioni di metri in territorio italiano, aprì una disputa tra Roma e Vienna che si risolse in base a un accordo con la Provincia autonoma di Bolzano e il governo austriaco, che permise all’uomo di Similaun, dal toponimo del nome registrato più vicino al ritrovamento, di essere conservato  presso il Museo archeologico dell’Alto Adige, in un’apposita struttura che mantiene le condizioni di conservazione pur permettendone l’osservazione.

Il corpo viene conservato in una stanza con circa il 99,6% di umidità e −6 °C. Ogni due mesi un medico specializzato spruzza sulla mummia dell’acqua distillata, che congelandosi forma una patina protettiva e restituisce lo 0,4~0,5% di umidità mancante. La mummia è visibile solamente tramite una finestra di circa 30 × 40 cm.

Gli studi archeologici iniziati subito dopo il ritrovamento, anche attraverso sofisticate analisi come quelle del DNA, scoprirono che effettivamente Ötzi era stato ucciso proprio come aveva sospettato la polizia austriaca intervenuta sul posto. Ci vollero dieci anni di studi per dimostrare l’omicidio ma alla fine le prove raccolte erano davvero schiaccianti.



Nel 2001, esaminando le radiografie e le tomografie effettuate sulla mummia, un radiologo individuò un corpo estraneo conficcato nella schiena, appena sotto la spalla sinistra. Si rivelò essere una punta di freccia, con una corrispondente ferita diversi centimetri più sotto, pertanto l’assassino doveva essersi trovato in posizione meno elevata rispetto al bersaglio, e l’aveva colpito dal basso verso l’alto.

Probabilmente la freccia doveva aver reciso un’arteria ed il povero Ötzi era morto per dissanguamento. Alcuni tagli ad una mano fanno supporre che la vittima si fosse difesa con una colluttazione dal suo aggressore e poi avesse tentato una fuga disperata.

Il fatto che sia stato colpito alla schiena è la prova definitiva che siamo di fronte ad un vero e proprio omicidio perpetrato, secondo la datazione al radiocarbonio effettuata nel 2008, tra il 5300 e il 5200 a.e.v. in piena Età del Rame, momento di transizione tra il Neolitico e l’Età del bronzo. 

Ötzi è, dunque, a tutti gli effetti un esemplare di Homo Sapiens.

Purtroppo questo “cold case” di oltre 7.000 anni fa non può essere risolto. Non sapremo mai chi è l’omicida e per quale ragione ha assassinato Ötzi. In compenso gli studi di archeologi e paleontologi sulla sua mummia hanno portato a risultati importantissimi.

Tra le principali scoperte, gli scienziati hanno stabilito che Ötzi aveva capelli castani e occhi infossati, anch’essi castani, guance scavate e portava la barba. Era alto sul metro e sessanta e pesava circa cinquanta chili al momento della morte, sopraggiunta tra i quaranta e cinquanta anni d’età. 

Inoltre, grazie agli isotopi di stronzio, sullo smalto dentale si è potuto ricostruire che Ötzi ha passato tutta la vita intorno al luogo dove ha trovato la morte, in un raggio massimo di 60 chilometri.

Aveva denti cariati e polmoni anneriti probabilmente per aver inalato per tutta la vita i fumi dei falò che lo avevano riscaldato nelle caverne dove probabilmente abitava. Gli esami a cui il suo corpo mummificato è stato sottoposto hanno permesso inoltre di appurare che si era ammalato più volte nei mesi precedenti l’assassinio.

Gli archeologi, studiando i contenuti dell’intestino, hanno stabilito che il suo ultimo pasto comprendeva carne di cervo, pane di farro, e alcune prugne. Il ritrovamento anche di polline fa ritenere che l’uomo sia stato ucciso in primavera o all’inizio dell’estate.

Le analisi del contenuto intestinale sono state una vera manna per gli scienziati, nel 2016, un team di ricercatori ha annunciato di aver mappato il genoma dell’agente patogeno più antico a noi noto, un batterio chiamato H. pylori che può causare ulcere.

Questa scoperta è molto utile per tracciare dei modelli dei flussi migratori di Homo Sapiens.
Il nostro Ötzi era inoltre un fanatico dei tatuaggi, ne aveva ben sessantuno realizzati strofinando del carbone vegetale su tagli praticati nella pelle. Si tratta dei tatuaggi più antichi che conosciamo, ma si limitano per lo più a linee e croci anziché disegni o figure vere e proprie.

Ötzi era decisamente ben vestito e sapeva come proteggersi dal freddo e dalle intemperie. Portava indumenti intimi in pelle di capra, gambali di pelliccia, un cappotto di cuoio, e sopra al resto un mantello in fibra vegetale, più un copricapo in pelliccia d’orso bruno e calzature di cuoio imbottite di fieno.

Fra le restanti attrezzature ed effetti personali rinvenuti accanto al corpo di Ötzi ci sono due frecce con punta di selce e un kit per ripararle, più una faretra colma di frecce ancora in lavorazione; un arco solo parzialmente finito; un pugnale con lama anch’essa di selce; e un’ascia in rame.

Gli archeologi inoltre hanno rinvenuto un’esca per il fuoco, un contenitore in corteccia di betulla con dentro delle braci, e un ago d’osso, nonché uno zaino per trasportare molti di questi oggetti.

Insomma ci troviamo di fronte ad un uomo che oltre 7000 anni fa dimostrava capacità tecnologiche di tutto rispetto, che ha avuto la “sfortuna” di incontrare il suo omicida che per ragioni a noi sconosciute lo ha assassinato in una valle dove il gelo ha permesso una conservazione straordinaria del suo corpo.

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