Novità sullo spettro energetico dei raggi cosmici

La collaborazione scientifica del Pierre Auger Observatory ha osservato delle nuove caratteristiche dello spettro energetico dei raggi cosmici che aprono nuove frontiere alla spiegazione delle loro origini

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Le particelle con dimensioni inferiori a quelle di un atomo, vengono lanciate attraverso l’universo, a velocità prossime a quella della luce, da qualcosa presente nel cosmo.

Una collaborazione scientifica, costituita da ricercatori del Pierre Auger Observatory e della University of Delware, è riuscita a misurare le più potenti di queste particelle – i raggi cosmici a energia ultra elevata – con un livello di precisione mai raggiunto prima. Nel corso delle osservazioni, i ricercatori hanno scoperto un nodo nello spettro energetico, che sembra dare spiegazioni più efficaci sulle possibili origini di questi viaggiatori spaziali subatomici.

Le scoperte del gruppo, pubblicate sulle Physical Review Letters e su Physics Review D, si basano sull’analisi di 215.030 accadimenti di raggi cosmici, con energie superiori a 2,5×10^30 elettronvolt (eV), registrati nell’ultimo decennio dal Pierre Auger Observatory, in Argentina, che rappresenta il più grande osservatorio al mondo per lo studio dei raggi cosmici.

La nuova caratteristica spettrale, un nodo nello spettro energetico dei raggi cosmici a circa 13×10^30 eV, è molto più di una semplice rappresentazione di punti su un grafico. Secondo Frank Schroeder, uno dei membri del gruppo di ricerca, questa scoperta avvicina ancora di più l’umanità alla soluzione dei misteri legati alle particelle con la maggiore quantità di energia esistenti in natura.

Fin dalla loro scoperta, avvenuta ormai da circa 100 anni, ci si è sempre chiesti quale fosse l’origine dell’accelerazione delle particelle che costituiscono i raggi cosmici. Le misurazioni effettuate presso il Pierre Auger Observatory forniscono delle importanti informazioni sulle tipologie di sorgenti che si possono escludere. Utilizzando le informazioni delle ricerche precedenti, si deduce che la sorgente di accelerazione non è sicuramente la nostra galassia. Le ultime analisi, vanno a corroborare le indicazioni, per le quali i raggi cosmici a energia ultra elevata non sono costituiti solo da protoni di idrogeno, ma anche da un miscuglio di nuclei di elementi più pesanti e questa composizione varia con l’energia.



Il Pierre Auger Observatory è costituito da più di 1.600 rilevatori, diffusi sull’ampio territorio della Pampa Amarilla (Argentina), controllati da 27 telescopi a fluorescenza. Agendo in maniera sistemica, questi strumenti misurano l’energia che un raggio cosmico a energia ultra elevata rilascia nell’atmosfera, e fornisce una valutazione indiretta della sua massa. L’insieme di questi dati – l’energia, la massa e la direzione di provenienza di queste particelle – forniscono degli importanti indizi sulle loro origini.

In precedenza, gli scienziati ritenevano che le particelle costituenti i raggi cosmici a energia ultra elevata fossero composti prevalentemente da protoni di idrogeno; la nuova analisi invece dimostra che queste particelle sono formate da un miscuglio di nuclei – alcuni più pesanti dell’ossigeno e dell’elio, come per esempio il silicio e il ferro.

Analizzando il grafico che rappresenta lo spettro dell’energia dei raggi cosmici, è possibile vedere il nodo – una sezione ripida e appiattita – tra la regione che gli scienziati chiamano caviglia e il punto iniziale, chiamato la punta.

Alan Coleman è uno dei 20 ricercatori che ha lavorato sull’implementazione del codice e ha elaborato i numeri necessari per l’analisi dei dati; ha contribuito anche a migliorare la ricostruzione della cascata di particelle, che i raggi cosmici creano quando colpiscono l’atmosfera, per poter stimare la loro energia. Ha inoltre eseguito degli studi dettagliati per assicurare che questo punto di flesso (il nodo) fosse reale e non un errore dovuto al rilevatore.

È ovvio che il nodo spettrale rappresenta un risultato abbastanza leggero, ma la sua esistenza è un chiaro segnale che la fisica sta cambiando.

È molto difficile determinare la massa dei raggi cosmici entranti. Ma c’è da dire che le misurazioni effettuate dalla collaborazione scientifica, sono così solide e precise che è possibile eliminare un buon numero di altri modelli teorici, che cercano di spiegare la provenienza dei raggi cosmici a energia ultra elevata, mentre permettono di perseguire, con maggiore insistenza, altri percorsi di modellazione.

Adesso le potenziali sorgenti di queste radiazioni sono i Nuclei Galattici Attivi e le galassie formate da esplosione di stelle. Anche se la loro distanza standard è di circa 100 milioni di anni luce, alcune ipotetiche sorgenti si possono trovare anche a 20 milioni di anni luce.

Se si avessero maggiori informazioni sulle sorgenti di questi raggi, sarebbe possibile conoscere, con maggiori dettagli, il motivo per cui queste particelle possiedono un’energia così elevata. Queste particelle potrebbero essere generate da qualcosa che ancora esula dalla nostra conoscenza.

La ricerca in corso, portata avanti dal gruppo della University of Delaware, è focalizzata su un ulteriore miglioramento della precisione nelle misurazioni dei raggi cosmici a energia ultra elevata, nonché sull’estensione delle misure di precisione dello spettro dei raggi cosmici fino alle basse energie.

In questo modo sarebbe possibile creare una sovrapposizione con altri esperimenti, quali le misurazioni dei raggi cosmici, svolte al Polo Sud da IceCube – un altro osservatorio di particelle astronomiche che vede, tra i gruppi di ricerca, anche scienziati della University of Delaware.

Fonte: phys.org

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