Perché la velocità della luce ha quel preciso valore?

Spiegati i passaggi che hanno portato alla determinazione della velocità della luce così come la conosciamo noi

0
32554

Tutti quanti noi conosciamo, e anche amiamo, la velocità della luce – 299.792.458 metri al secondo – ma perché la velocità della luce ha proprio questo valore?

Perché non può essere vicino a un altro numero? E perché ci si preoccupa così tanto della velocità casuale delle onde elettromagnetiche? Come mai questo argomento è diventata una pietra angolare per la fisica?

La risposta a queste domande è semplice: perché la velocità della luce è semplicemente strana.

Mettiamo alla prova la luce

La prima persona a rendersi conto che la luce potesse avere una sua velocità è stato un astronomo di nome Ole Romer. Verso la fine del 1600, Romer era ossessionato dagli strani movimenti di Io, una delle lune che ruota attorno a Giove. Ogni tanto, il pianeta bloccava la visuale di questa sua piccola luna, causando un’eclissi, ma il tempo tra due eclissi sembrava cambiare durante l’anno. Vi erano due ipotesi: o stava succedendo qualcosa di strano nell’orbita di Io – il che appariva abbastanza sospetto – o stava succedendo qualcos’altro di comunque strano.

Dopo un paio di anni di osservazioni, Ole Romer trovò la soluzione. Quando è possibile vedere l’eclissi di Io, noi ci troviamo in una certa posizione nella nostra orbita attorno al Sole. Quando riguardiamo la successiva eclissi, qualche giorno dopo, ci troviamo in una posizione leggermente differente, più vicini o più lontani da Giove rispetto all’osservazione precedente.



Se ci troviamo più lontani rispetto all’ultima volta che è stata vista un’eclissi, allora sarà necessario attendere un tempo leggermente più lungo per vedere l’eclissi successiva perché la luce impiega più tempo per raggiungere il punto di osservazione, e ovviamente il discorso inverso vale se ci si trova più vicini a Giove.

L’unico modo per spiegare le variazioni dei tempi delle eclissi di Io è che la luce deve essere dotata di una velocità finita.

Le osservazioni e le misurazioni che furono effettuate nei secoli successivi contribuirono a corroborare la misura della velocità della luce, ma fu intorno alla metà del 1800 che la ricerca subì una svolta rilevante, quando il fisico James Clerk Maxwell incidentalmente inventò la luce.

Maxwell stava studiando i fenomeni ancora poco conosciuti dell’elettricità e del magnetismo, quando scoprì una singola descrizione unificata che metteva insieme tutte le osservazioni più disparate. Ponendo le basi per quella che noi oggi conosciamo come forza elettromagnetica, in quelle equazioni scoprì che campi elettrici variabili possono creare campi magnetici, e viceversa. In questo modo, onde elettriche possono creare onde magnetiche, le quali continuano a creare onde elettriche in un ciclo continuo, sovrapponendosi l’una con l’altra e in grado di viaggiare nello spazio.

E quando si trovò a calcolare la velocità di queste cosiddette onde elettromagnetiche, Maxwell trovò lo stesso numero che già per secoli gli scienziati avevano trovato per la velocità della luce. Quindi, la luce risulta formata da onde elettromagnetiche e viaggia a quella velocità, perché è esattamente a quella velocità che onde elettriche e magnetiche viaggiano nello spazio.

Tutto ciò andò bene fino all’avvento di Albert Einstein, che qualche decennio dopo capì che la velocità della luce è indipendente dalla luce stessa. Attraverso la sua teoria della relatività speciale, Einstein realizzò la vera connessione tra spazio e tempo, una struttura unificata chiamata appunto spazio-tempo. Ma, come noi sappiamo, lo spazio e il tempo sono molto diversi fra loro. Un metro o un piede (unità di misura anglosassone) sono molto diversi di un secondo o di un anno. Sembrano essere due cose completamente distinte. E quindi come possono essere trattati allo stesso modo?

E’ necessario che vi sia una sorta di collante, una qualche connessione che ci permetta di spostarci tra i movimenti dello spazio e i movimenti del tempo. In altre parole, è necessario sapere quanto vale, in termini di tempo, per esempio, un metro nello spazio. Qual è il rapporto tra le due grandezze? Einstein trovò che esisteva un’unica costante, avente le dimensioni di una velocità, che potesse dire la quantità di spazio che corrisponde a una data quantità di tempo, e viceversa.

Il valore di questa costante non è deducibile direttamente dalle teorie di Einstein; ma quando applicò la relatività speciale alle equazioni di Maxwell scoprì che questo rapporto di conversione era proprio uguale alla velocità della luce.

Ovviamente, questo rapporto di conversione, questa costante fondamentale che unifica lo spazio e il tempo, non sa cosa sia un’onda elettromagnetica, e nemmeno se ne preoccupa. Si tratta solo di un numero, ma si scopre che Maxwell aveva già calcolato questo numero e lo aveva scoperto senza conoscere i meccanismi della relatività speciale. Questo avviene perché tutte le particelle senza massa viaggiano a questa velocità, e poiché la luce è senza massa, allora viaggia a quella velocità. Ecco che la velocità della luce è diventata un’importante pietra angolare della fisica moderna.

La domanda allora che ci si pone è: perché proprio quel numero e non un altro? Che cosa è successo?

Di per sé il numero non ha alcuna importanza. Ha una sua dimensione: metro al secondo. E in fisica qualunque numero a cui sia associata un’unità di misura può assumere ogni valore possibile, perché significa che bisogna definire essenzialmente l’unità di misura. Per esempio, per esprimere la velocità in metri al secondo, bisogna prima stabilire cosa si intenda per metro e cosa si intenda per secondo. E quindi la definizione della velocità della luce è legata alle definizioni di spazio e di tempo.

In fisica, ci si preoccupa maggiormente delle costanti che non hanno unità di misura o dimensioni – ovvero quelle costanti, che compaiono nelle teorie fisiche, che sono formate esclusivamente da numeri. Questo discorso è più importante, perché vuol dire che queste costanti non dipendono da nessun’altra definizione. Un altro modo per spiegare questa situazione è che, se dovessimo confrontarci con una civiltà aliena, non avremmo alcun modo per comprendere il loro modo di misurare la velocità della luce, ma se riducessimo tutto a costanti senza dimensioni, allora tutto concorda. Si tratterebbe solo di numeri.

Uno di tali numeri per esempio è la costante di struttura fine, che è una combinazione della velocità della luce, della costante di Planck e di qualcosa noto come la permittività dello spazio libero. Il suo valore corrisponde a 0,007; ma 0,007 cosa? Solo 0,007: un numero!

Pertanto, da una parte la velocità della luce può assumere tutti i valori che essa vuole, perché è dotata di unità di misura e noi andiamo a definire queste unità di misura. Ma dall’altra parte, la velocità della luce non può assumere un valore diverso da quello che ha, perché se si cambia il valore della velocità della luce si andrà a modificare anche la costante di struttura fine. Ma il nostro universo ha scelto, per la costante di struttura fine, il valore di 0,007 e nessun altro.

Questo è l’universo nel quale viviamo, e non abbiamo altra scelta. E finché questo è fissato e universale, la velocità della luce deve avere esattamente quel valore.

2