La piccola glaciazione

In una fase storica dominata dal Cambiamento Climatico di origine antropica è utile ricordare quella che fu definita come l'ultima Piccola Glaciazione del nostro pianeta

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Con il termine ” La piccola glaciazione i climatologi descrivono un periodo particolarmente freddo che inizia più o meno verso il 1300 e termina tra il 1850 e l’inizio del XX Secolo.

In questo periodo i ghiacciai avanzarono rapidamente inghiottendo decine di villaggi alpini e l’Oceano Atlantico Settentrionale diede non pochi problemi alla pesca. Si presume che gli Inuit remarono addirittura fino alle coste scozzesi, mentre la comunità vichinga che abitava le coste della Groenlandia rimase isolata dal resto del mondo.

La temperatura media annuale dell’Inghilterra nel XVIII secolo era di circa un grado inferiore rispetto alla media delle temperature registrate tra il 1920 ed il 1960, questo scostamento è la causa principale di quella che appunto viene definita la Piccola Glaciazione.

Tra la fine del Settecento e i primi anni dell’Ottocento non era raro vedere il Tamigi ghiacciare e Londra essere coperta da abbondanti nevicate. I racconti di Dickens ci hanno trasmesso con tutta la forza evocativa del grande autore inglese la rigidità climatica di quel periodo inducendo anche nell’immaginario collettivo futuro il concetto e l’aspettativa del “Bianco Natale”.

Cosa ha provocato questa Piccola Glaciazione?

Cosa abbia provocato questa Piccola Glaciazione è oggetto ancor oggi di un acceso dibattito nella comunità scientifica, quello che è appurato con sicurezza è che inizia a terminare con l’avvento della rivoluzione industriale.



Poco prima della sua comparsa, l’Europa si stava crogiolando nel Periodo Caldo medioevale, questo periodo di miglioramento climatico si colloca tra lanno 1000 ed il 1300 circa e vide, tanto per fare un esempio, crescere l’uva in Inghilterra, circa 300 km più a nord di quanto non cresca adesso, mentre i coloni scandinavi facevano pascolare il bestiame in zone della Groenlandia attualmente ricoperte dai ghiacci.

Uno dei maggiori indiziati per il sopraggiungere della Piccola Glaciazione è il Sole la cui potenza radiante continua a variare su una scala temporale che oscilla da un secolo a 10.000 anni.

Se esaminiamo infatti le due fasi più fredde della Piccola Glaciazione queste corrispondono abbastanza esattamente a due periodi di ridotta radiazione solare, il minimo di Sporer  tra il 1400 ed il 1510 d.C. e il minimo di Maunder dal 1645 al 1715 d.C.

Durante questo periodo non erano visibili le macchie solari e le aurore erano praticamente inesistenti. I fisici stimano che durante il minimo di Maunder il Sole sia stato più debole di appena lo 0,25% rispetto a quello odierno e nonostante questo scostamento relativamente modesto, ciò è stato sufficiente ad un inasprimento delle condizioni climatiche tali da dare origine alla Piccola Glaciazione.

Un altro contributo al sorgere di questo periodo potrebbero averlo avuto le eruzioni vulcaniche molto frequenti in quei secoli come ad esempio l’eruzione del vulcano Tambora nel 1815.
L’emissione massiccia di composti sulfurei nell’atmosfera avrebbe prodotto una schermatura dell’irradiazione solare concausa dell’abbassamento della temperatura.

Quando il Monte Tambora in Indonesia è esploso nel 1815, scatenò l’onda più distruttiva di condizioni meteorologiche estreme a cui il mondo abbia assistito da migliaia di anni. La massiccia nube di polvere di solfato del vulcano avvolse la Terra, raffreddando le temperature e interrompendo i principali sistemi meteorologici per più di tre anni. Le comunità di tutto il mondo hanno sopportato carestie, malattie e disordini civili su scala catastrofica.

Tambora era alto più di 4 km nel 1815, ma quando fece esplodere il suo cumulo scagliò più di 1 km dalla cima di esso, lasciando un cratere di più di 6 km di diametro e 600 metri di profondità. Il 5 aprile si è verificata una modesta eruzione, come se il vulcano si stesse esercitando, seguita da fragorosi rimbombi. Le ceneri iniziarono a cadere e il 10 aprile ci furono altri brontolii che sembravano cannoni.

Tambora è classificata dagli specialisti come Ultrapliniana, la più violenta di tutte le categorie di eruzioni vulcaniche, così chiamata in onore della descrizione del Giovane Plinio della distruzione di Pompei da parte del Vesuvio nel 79 d.C. Tali eruzioni spingono quantità di gas solforosi nella stratosfera, dove si combinano con il vapore acqueo per creare nuvole “aerosol” di gocce di acido solforico.

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