Quanto può durare la civiltà umana?

Non ci sono "leggi" in grado di spiegarci quanto può durare la civiltà umana, certo gli scenari per la fine del mondo o perlomeno delle forme più avanzate della nostra civiltà sono molti ed inquietanti

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Quando si  parla del futuro spesso si descrivono  le sorti magnifiche e progressive del genere umano. Ma la civiltà  umana è destinata ancora a secoli, se  non millenni, di progresso  e prosperità oppure incombono  su di noi scenari cupi e terribili che prefigurano  la  fine del  mondo o perlomeno la fine della civiltà umana come la conosciamo?

Le civiltà si dissolvono per svariati motivi: guerre ed invasioni, esasperato sfruttamento delle risorse naturali e dell’ambiente, disastri naturali. I rischi catastrofali come si definiscono in gergo vanno da quelli più concreti e plausibili a quelli obbiettivamente estremamente improbabili.

Certamente il cambiamento climatico rientra tra i primi. Siamo già nella fase in cui la scienza non parla più di contrasto al cambiamento climatico bensì di politiche di mitigazione ed adattamento. La temperatura globale media continua a salire inarrestabile, così come il livello dei mari, anche in relazione allo scioglimento dei ghiacciai, così come sono in atto drastici cambiamenti dei climi regionali. E’ ormai quasi universalmente accettato che buona parte del cambiamento climatico sia provocato dalle attività umane.

Alterazione del ritmo delle piogge e alluvioni avranno un impatto negativo sulle colture agricole rendendo difficile nutrire sufficientemente la popolazione umana mondiale in continua, impetuosa e dissennata crescita. L’accesso alle fonti di acqua dolce sempre di più sarà il teatro di tensioni e scontri geopolitici ed innescherà nuovi massicci flussi immigratori dall’alto potere destabilizzante, soprattutto per i paesi meno sviluppati che dovranno sopportare le ondate dei profughi della sete.

A preoccupare poi ancora di più la comunità scientifica è lo scioglimento del permafrost e la conseguente liberazione del metano che è un gas serra estremamente più potente del diossido di carbonio. Se questo andamento dovesse accentuarsi il riscaldamento globale subirebbe in pochissimi anni un impennata così forte da poter impedire al sistema socio-economico dell’umanità di adattarsi e quindi provocare un vero e proprio collasso della civiltà.

Un altro rischio da non sottovalutare anche se statisticamente poco rilevante è un impatto con asteroidi o comete. Già da tempo esiste un programma di sorveglianza dello spazio per individuare asteroidi (che principalmente arrivano dalla zona tra Marte e Giove) potenzialmente in rotta di collisione e sono anche previste azioni per modificarne la traiettoria evitando un impatto devastante. Meno preavviso lo avremmo in caso di possibile collisione con una cometa che normalmente risiedono nelle zone più esterne del Sistema Solare ma che una anomala spinta gravitazionale potrebbe indirizzare verso il nostro pianeta dandoci pochissimi mesi di preavviso. L’impatto di uno di questi grossi oggetti sarebbe devastante e potrebbe minacciare perfino l’estinzione del genere umano.



Per molti aspetti l’eruzione di un super vulcano avrebbe effetti simili a quelli di un impatto con un corpo celeste. Più che gli effetti dell’esplosione preoccuperebbe la fortissima immissione di composti di zolfo e ceneri nell’atmosfera terrestre che schermando buona parte della luce solare potrebbero innescare un inverno vulcanico in grado di durare per anni.

Il mutamento climatico conseguente avrebbe conseguenze devastanti sull’agricoltura e potrebbe perfino avviare una nuova era glaciale. Un esempio relativamente recente è stata l’eruzione del 1815 del vulcano Tambora una delle più potenti, almeno dalla fine dell’ultima Era glaciale; l’emissione di ceneri fu, quantitativamente, circa 100 volte superiore a quella dell’eruzione, pur rilevante, del monte Sant’Elena del 1980, e fu maggiore anche di quella della formidabile eruzione del Krakatoa del 1883. Complessivamente, vennero proiettati in aria circa 150 miliardi di metri cubi di roccia, cenere e altri materiali.L’eruzione, o meglio l’esplosione, creò enormi disastri, con una stima di 60.000 morti dovuti sia direttamente all’esplosione che alle pesanti carestie che seguirono il disastro.

Un altro rischio catastrofale può derivare da imponenti espulsioni della massa coronale del Sole. Il materiale espulso, sotto forma di plasma è costituito principalmente da elettroni e protoni (oltre a piccole quantità di elementi più pesanti come elio, ossigeno e ferro), viene trascinato dal campo magnetico della corona. Quando questa nube raggiunge la Terra (in questo caso viene chiamata ICME – Interplanetary CME) può disturbare la sua magnetosfera comprimendola nella regione illuminata dal Sole ed espandendola nella regione non illuminata. Nei casi più gravi questo impatto di particelle potrebbe creare delle vere e proprie tempeste geomagnetiche in grado di danneggiare la rete di distribuzione elettrica fino a compromettere definitivamente i trasformatori.

La nostra è una civiltà che si fonda essenzialmente sull’energia elettrica, la sua mancanza renderebbe inoperativi computer, comunicazioni, satelliti, etc. proiettandoci dall’oggi al domani allo sviluppo tecnologico dei primi anni dell’Ottocento con tutto quello che ne consegue.

Infine, quello che dobbiamo temere forse di più e lo scatenarsi di una pandemia letale. La storia dell’umanità è piena di episodi nei quali la popolazione è stata falcidiata da virus particolarmente aggressivi. Dalle pestilenze che hanno imperversato ad ondate dall’impero romano alla fine del Seicento, a quella storicamente più recente, la cosiddetta spagnola del 1918 che fece oltre 50 milioni di vittime in tutto il mondo.

Se apparisse un virus ad alta morbilità e mortalità la situazione odierna sarebbe forse ancora più drammatica. Prima di tutto la maggioranza della popolazione mondiale vive in contesti urbani, dove affollamento e promiscuità sono veicoli ottimali per la trasmissione di malattie infettive.

La mobilità del Ventunesimo Secolo incomparabilmente più veloce e diffusa di quella di appena un secolo fa e l’interdipendenza delle economie costituirebbe un altro fattore di veloce propagazione del virus e della difficoltà di effettuare efficaci azioni di contenimento. Se a questo aggiungiamo che molti agenti patogeni sono sempre più resistenti ad antibiotici e sulfamidici la situazione che si prospetta nel caso di una pandemia ad alta mortalità assume contorni drammatici. Una drastica riduzione della popolazione mondiale potrebbe innescare come in un effetto domino il crollo della civiltà umana come la conosciamo.

Insomma gli scenari per una possibile fine del mondo come abbiamo sinteticamente descritto non sono pochi ed anche nella versione meno inquietante di un’estinzione completa del genere umano aprono complicate prospettive per i sopravvissuti. La stragrande maggioranza della popolazione per come è concepito l’attuale modello di sviluppo dipende da conoscenze, anche elementari, che non possiede più. Quasi nessuno di noi sa riparare oggetti o macchinari, pochi sanno come coltivare una pianta o allevare degli animali in modo da ricavarne cibo, pelle, tessuti. Insomma dovremmo ricominciare da capo, magari non potendo contare sulle informazioni ed i dati immagazzinati nella rete o in supporti digitali.

Questa eventualità sta spingendo alcuni a concepire la costituzione di uno o più Templi della Civiltà umana dove alcune migliaia di volumi cartacei non avrebbero soltanto lo scopo di tramandare la cultura ed il livello delle conoscenze scientifiche e tecniche raggiunte, ma anche di fornire conoscenze elementari per sopravvivere in una società pre-tecnologica. Qualcuno obietterà che se i volumi stampati possono metterci al sicuro dal crollo dei sistemi digitali ed elettronici sono però prodotti soggetti al deterioramento ambientale e del tempo.

L’unica risposta “consolatoria”  e che il patrimonio di conoscenze custodito da questi Templi della Civiltà umana sia sufficiente a ricreare alcune delle condizioni tecnologiche perdute prima che questo avvenga. Insomma la fine del mondo non è dietro la porta e probabilmente non è ineluttabile ma, anche in questo caso, vale la banale massima, che prevenire è meglio che curare….

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