Scoperti i neuroni coinvolti nel letargo dei mammiferi

Se si riuscisse a riprodurre sull'uomo il processo che induce il letargo, le ripercussioni sarebbero enormi in molti settori, a cominciare dalla medicina, per arrivare all'esplorazione spaziale a lunga distanza

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Sarà mai possibile indurre l’ibernazione sugli esseri umani al fine di proteggerli dopo un infortunio o preservarli durante i lunghi viaggi previsti per l’esplorazione spaziale?

L’ibernazione è una condizione biologica in cui le funzioni vitali sono ridotte al minimo, il battito cardiaco e la respirazione rallentano, il metabolismo si riduce e la temperatura corporea si abbassa. P

uò essere intesa come letargo negli animali o anche come ipotermia preventiva in medicina, anche se non si raggiungono mai temperature inferiori a pochi gradi sopra lo zero. È spesso utilizzato come metodo di animazione sospesa per gli esseri umani nella fantascienza.

Si tratta di un’idea già ampiamente esplorata dalla fantascienza ma per la scienza si tratta di un campo di ricerca in crescita che, secondo gli esperti, sta “rivoluzionando” la nostra comprensione di come il cervello regola il calore corporeo.

Molti mammiferi, nei mesi invernali quando le temperature scendono e il cibo scarseggia,  vanno in letargo abbassando la temperatura corporea per rallentare drasticamente il loro metabolismo e conservare energia.



Già diverse ricerche hanno indicato che il sistema nervoso centrale è coinvolto nella termoregolazione, ma i meccanismi precisi con il quale il fenomeno avviene non sono ancora chiari.

In uno nuovo studio pubblicato su Nature, i ricercatori dell’Università di Tsukuba, in Giappone, hanno identificato i neuroni nel cervello dei roditori che possono essere attivati ​​artificialmente per mandare gli animali in uno stato simile al letargo.

Attivare neuroni specifici per indurre il letargo

Inizialmente gli scienziati hanno esaminato i topi, che non vanno in letargo ma entrano spesso in uno stato simile di breve durata chiamato torpore. Hanno modificato geneticamente dei topi per poter attivare una serie di neuroni nell’ipotalamo – chiamati neuroni Q – usando sostanze chimiche o luce.

I topi sono diventati meno attivi, la loro temperatura corporea è scesa di dieci gradi o più a meno di 30 gradi Celsius, il loro polso è rallentato considerevolmente, il loro tasso metabolico si è ridotto e la loro respirazione è rallentata.

I topi sottoposti all’esperimento sono rimasti in uno stato simile a quello visto nel torpore o nel letargo per più di 48 ore, dopo di che si sono ripresi comportandosi normalmente senza segni di danni fisici.

Gli autori hanno riprodotto con successo la tecnica di prova anche nei ratti, che normalmente non vanno in letargo.

Secondo gli autori, la capacità di indurre il letargo in un mammifero che normalmente non va in letargo è un “passo avanti nella nostra comprensione dei meccanismi neuronali regolati dall’ipometabolismo“.

La tecnica sperimentata ha anche permesso loro di mappare il circuito di neuroni coinvolti nel processo.

Usi medici

Gli autori hanno affermato che la capacità di indurre artificialmente questo tipo di stato simile al letargo negli esseri umani “sarebbe utile per molte applicazioni mediche, oltre ad essere rilevante per la possibilità di esplorazione spaziale a lunga distanza in futuro“.

Potenziali applicazioni cliniche includono la riduzione del danno tissutale a seguito di infarti o ictus e la conservazione degli organi per i trapianti.

In uno studio separato, anche questo pubblicato su Nature, i ricercatori della Harvard Medical School hanno identificato i neuroni all’interno dell’ipotalamo che regolano il torpore nei topi. Gli autori di questo studio hanno scoperto che bloccando l’attività di questi neuroni è possibile impedire l’avvio del torpore naturale.

In un commento su Nature, Clifford Saper e Natalia Machado, della Harvard Medical School, hanno affermato che i nuovi studi aggiungono una serie di dati che stanno “rivoluzionando la nostra comprensione dei neuroni preottici coinvolti nel cuore della termoregolazione“.

Se troveremo nell’uomo gruppi simili di neuroni, ciò potrebbe aprire la via a trovare il modo di indurre l’ipotermia terapeutica “per esempio, dopo infarto o ictus, rallentando i processi metabolici per aiutare a limitare il danno tissutale“.

Fonte: Nature

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