Scoperto su Cerere un vasto deposito di acqua liquida salata

Un team di ricercatori ha rinvenuto sotto la superficie di Cerere un vasto deposito di acqua liquida salata profondo circa 40 chilometri

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Un team di ricercatori coordinati dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), grazie alle performance all’avanguardia del Visible and infrared mapping spectrometer (VIR-MS) a bordo della sonda Dawn, ha analizzato con cura certosina i minerali che costituiscono le macchie brillanti rinvenute sulla superficie del cratere Occator su Cerere.

Cerere, scoperto il 1º gennaio 1801 grazie al lavoro di Giuseppe Piazzi dall’osservatorio astronomico di Palermo, è l’asteroide più massiccio della fascia principale del sistema solare. Per più di mezzo secolo è stato ritenuto l’ottavo pianeta, e dal 2006 catalogato come un pianeta nano del sistema solare interno.

Le immagini catturate dal satellite orbitale Dawn, sono state prese da circa 35 chilometri dall’asteroide e dopo un’attenta osservazione è stato possibile rintracciare la presenza di un composto idrosalino che sulla Terra è comune nel ghiaccio marino. Maria Cristina De Sanctis, ricercatrice presso dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali dell’INAF di Roma e principal investigator dello spettrometro italiano ha affermato: “Ora possiamo dire che Cerere è una sorta di mondo oceanico, così come lo sono alcune lune di Saturno e Giove“.

Gli scienziati hanno anche confermato che i depositi di sale risultano essersi accumulati in un tempo “breve“: solo gli  ultimi due milioni di anni. Il giacimento di acqua liquida risulta essere vasto e risiede sotto la superficie del pianeta nano, profondo circa 40 chilometri e largo centinaia di chilometri ed è la prova tangibile dell’esistenza un antico oceano globale sotto la superficie di Cerere.

I sali che VIR ha identificato sull’area brillante del cratere Occator sono gli stessi presenti anche nei getti di Encelado. Nel caso della luna di Saturno, questi sali si formano nell’oceano sotto la superficie e risalgono attraverso delle fratture fino alla superficie per poi essere emessi nello spazio, costituendo questi getti (plume, in inglese). Nel caso di Cerere, si ritiene che i sali che VIR ha rilevato in superficie siano una chiara espressione di acqua salata presente sotto la superficie del pianeta nano stesso“, continua la ricercatrice.



Sulla sommità di Cerealia Facula (una recente e brillante struttura geologica al centro del cratere) è stata rinvenuta una miscela di diversi minerali che si formano in presenza di acqua liquida: in particolare il cloruro di sodio idrato, il comune sale con intorno numerose molecole di acqua.

Il cloruro di sodio idrato non è stabile alle condizioni della superficie di Cerere e perde rapidamente la parte idrata. Il fatto di osservare oggi il sale idrato implica che il fluido contenente il sale è arrivato in superficie molto di recente o sta attualmente risalendo esponendosi sulla superficie“, spiega la De Sanctis.

Il cloruro di sodio idrato rende l’acqua liquida anche sotto gli zero gradi centigradi, permettendo quindi di mantenere l’acqua fluida in condizioni di temperatura in cui normalmente sarebbe ghiacciata. 

Grazie alle misure di VIR e alla capacità di analisi ed interpretazione dei dati del team dello strumento, è stato possibile identificare la presenza di cloruro di sodio idrato, in aggiunta agli elementi già identificati in precedenza come il carbonato di sodio e il cloruro di ammonio. Analizzando la distribuzione di tali composti nella regione delle faculae e come questi si localizzano rispetto alle strutture geologiche della zona è stato possibile capire che non si sono formati tutti insieme in un unico sporadico evento, sono piuttosto il risultato di un processo lungo e complesso che potrebbe essere ancora in corso” , interviene Eleonora Ammannito, ricercatrice Agenzia Spaziale Italiana e seconda autrice della pubblicazione.

Alla luce di questi nuovi risultati Cerere si conferma come un piccolo pianeta in evoluzione il cui studio sempre più approfondito sta fornendo indicazioni utili sulla comprensione degli ambienti acquosi nel Sistema Solare con chiare implicazioni astrobiologiche, conclude Ammannito.

L’articolo “Fresh emplacement of hydrated sodium chloride on Ceres from ascending salty fluids”, di M. C. De Sanctis, E. Ammannito, A. Raponi, A. Frigeri, M. Ferrari, G. Carrozzo, M. Ciarniello, M. Formisano, B. Rousseau, F. Tosi, F. Zambon, C. A. Raymond e C. T. Russell, è stato pubblicato su Nature Astronomy.

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