La teoria dell’aldilà che sostiene che le “leggi della realtà fisica” non si applicano

L'idea è incentrata sulla convinzione che la parte essenziale dell'identità umana continui anche dopo che il corpo muore fisicamente

0
4742
Indice

L’esistenza di vita dopo la vita è stata suggerita dall’ex dirigente di Google Mo Gawdat, che ha utilizzato la teoria della relatività di Einstein per sostenere la sua idea ovvero che la vita “non rispetta le regole del mondo fisico“.

L’idea è incentrata sulla convinzione che la parte essenziale dell’identità umana continui anche dopo che il corpo muore fisicamente. Ci sono molte teorie diverse su come questo possa svolgersi, con diverse religioni che hanno le proprie idee sul fatto che si tratti di un regno spirituale o attraverso la reincarnazione.

Il fondamento di molte affermazioni proviene da testimonianze di esperienze di pre-morte, ma Gawdat ha usato modelli scientifici per spiegare il perché crede che la vita sia continua e ha riportato le teorie nel suo libro “Solve For Happy“.

Ha spiegato come la teoria del Big Bang suggerisce che l’universo sia iniziato con una singola massa in uno stato ad altissima densità, e che poi si sia espanso per creare il nostro intero universo e tutto ciò che contiene.

Ma lo stesso Gawdat si è chiesto: “Le teorie quantistiche e del Big Bang pongono una domanda intrigante: cosa è esistito prima? La vita o l’universo che la contiene?”.

Ha poi elaborato: “Perché ogni singola particella possa esistere, comprese quelle che componevano quella massa originale, i gas in espansione e la Terra originale, era necessario un qualche tipo di vita per osservarla in esistenza. A meno che le leggi della fisica come le conosciamo non si applichino dal punto del Big Bang fino a quando la vita non è apparsa nella sua forma fisica, allora la vita è esistita prima del mondo fisico”.



Il 53enne ha poi approfondito ulteriormente la sua teoria, affermando che la teoria della relatività di Einstein “fornisce un’altra conclusione scientifica strabiliante”, ovvero che il tempo esisteva già in una struttura quadridimensionale chiamata spaziotempo.

Ha aggiunto in seguito: “La relatività del tempo significa che tu ed io possiamo avere un concetto di tempo molto diverso a seconda della nostra velocità, posizione, punto di osservazione e vari altri parametri. L’assenza di tempo assoluto rende diversa ciascuna delle nostre percezioni dell’inizio e della fine di un evento specifico. Quando metti insieme quantistica, Big Bang e relatività, scopri che la vita, che comprende il continuum di tutti i possibili osservatori, è venuta prima”.

Il signor Gawdat ha concluso affermando che la vita “non si attiene alle regole e ai principi del mondo fisico che ha osservato nell’esistenza”.

Riferendosi a suo figlio Ali, scomparso nel 2014, l’autore ha affermato che, secondo la teoria di Einstein, “una fetta” dello spaziotempo dell’universo “potrebbe includere la morte di Ali insieme alla mia stessa nascita”.

Ma il signor Gawdat non pensa che sia così e ha suggerito che esiste una qualche forma di aldilà in cui tutto questo può essere osservato.

Infine ha afferma: “Il vero osservatore di quella fetta deve esistere al di fuori dei limiti dello spaziotempo, come parte della vita che ha preceduto l’universo stesso. Il vero tu e il vero me, al di fuori delle nostre forme fisiche, vivendo il nostro lungo continuum di vita, trascendono lungo la freccia del tempo”.

2