Vita su Marte, è il sottosuolo la parte più abitabile

C'è vita su Marte? Se vi è, o se vi è mai stata, è grazie al calore interno del pianeta che avrebbe permesso la formazione di sacche di acqua nel sottosuolo

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Il sottosuolo marziano potrebbe essere stato abitabile miliardi di anni fa, nonostante la superficie del pianeta fosse una landa secca e desolata.

A rivelarlo è un recente studio, condotto dal Professor Lujendra Ojha, della Rutgers University- New Brunswick in New Jersey, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances lo scorso 2 dicembre; secondo questa ricerca, Marte in passato avrebbe avuto talmente tanto calore geotermico da permettergli di sciogliere spessi strati di ghiaccio, e di conseguenza creare grandi quantità di acque sotterranee in grado, potenzialmente, di supportare la vita.

Alla base di questo studio c’è la volontà degli scienziati di arrivare a capo di un mistero a cui da decenni non si riesce a dare risposta, ossia il Paradosso del Sole giovane debole. Quattro miliardi di anni fa, la luminosità del Sole era del 30% inferiore rispetto a ora, e quindi la nostra stella era troppo debole per mantenere Marte caldo e umido continuativamente. Nonostante ciò, sono tante le prove che dimostrano la presenza di acqua liquida ( quindi non ghiacciata come sembrerebbe normale supporre) in quel periodo, basti pensare al rover della NASA Curiosity, che ha trascorso gli ultimi otto anni esplorando un antico sistema di fiumi e laghi. Da qui il paradosso.

“Anche se i gas serra come il diossido di carbonio e vapore acqueo venissero immessi nell’atmosfera di Marte tramite simulazione al computer, i modelli climatici farebbero ancora fatica a supportare un Marte caldo e umido a lungo termine” ha dichiarato Lujendra Ojha, “Io e miei colleghi abbiamo proposto che il Paradosso del Sole giovane debole potrebbe almeno parzialmente avere senso, se Marte avesse avuto nel passato un elevato calore geotermico”.

Lui e i suoi colleghi hanno cercato di capire se il calore interno – generato dal decadimento radioattivo di elementi quali il torio, il potassio e l’uranio – vi fosse durante l’era Noachiana di Marte, avvenuta circa tra 4.1 e 3.7 miliardi di anni fa, e per farlo si sono concentrati nello studio di una precisa zona a sud del pianeta, dove all’epoca vi erano presumibilmente ampi strati di ghiaccio.



Il team ha creato dei modelli basati sullo spessore, sul comportamento e sull’evoluzione di questi ghiacci utilizzando una larga varietà di dati, tra cui le osservazioni fatte dal satellite della NASA Odyssey, che dal 2001 studia il pianeta rosso grazie a uno spettrometro a raggi gamma che ha permesso agli scienziati di mappare l’abbondanza di torio e potassio nella crosta di Marte.

I ricercatori sono dunque arrivati a capire che il calore che scorreva dal mantello e dalla crosta marziani presumibilmente sarebbe bastato a sciogliere gli spessi strati di ghiaccio sul fondo tantissimi anni fa, dando vita ad habitat potenzialmente abitabili sottoterra, indipendentemente da quali condizioni ci fossero sulla superficie del pianeta.

Solo come fosse la superficie nell’era Noachiana – dapprima calda e umida o principalmente fredda e asciutta – rimane un argomento ancora al centro di molti studi e dibattiti, sebbene ormai sia universalmente accettato che Marte sia cambiato in modo drastico e in poco tempo dopo questa era. Il pianeta infatti ha perso il suo campo magnetico globale, lasciando la sua atmosfera, una volta spessa, vulnerabile agli attacchi del vento solare. Questo ha fatto diventare la superficie di Marte fredda, secca, attaccata dalle radiazioni e apparentemente non abitabile, o almeno non compatibile con la vita come la concepiamo sulla Terra.

Ma tasche di acqua sotterranea probabilmente hanno resistito, anche se sembra che si siano ritirate sempre più in profondità man mano che la superficie si seccava. Alcune di queste falde acquifere potrebbero essere arrivate sino ai giorni nostri.

“A tali profondità, la vita forse potrebbe essere andata avanti grazie all’attività idrotermica e alle reazioni di acqua di sorgente”, ha aggiunto Ojha “Così il sottosuolo potrebbe essere l’ambiente abitabile più antico di Marte”.

Quanto scoperto potrebbe aiutare anche nell’analisi di altri pianeti, anche il nostro ad esempio, perché il calore radiogeno potrebbe aver giocato un ruolo fondamentale nel rendere il nostro pianeta abitabile tanto tempo fa. Stesso discorso vale per alcuni esopianeti che orbitando troppo lontano dalla loro stella per permettere la presenza di vita, potrebbero invece essere abitabili grazie alla loro produzione di calore radioattivo, come ha detto Ojha a Space.com.

I nuovi risultati non spiegano completamente il Paradosso del Sole giovane debole: “Al massimo è una soluzione parziale” ha aggiunto Ojha. Le speranze degli studiosi sono riposte in Insight, il modulo di atterraggio su Marte della NASA, arrivato sul pianeta rosso nel novembre 2018, che porta con sé una sonda scavatrice chiamata “the mole”, ovvero “la talpa”, progettata per arrivare almeno a 3 metri sotto terra. Anche se purtroppo il suolo marziano ha ostacolato gli sforzi di questa talpa meccanica, lasciando la piccola scavatrice incastrata sulla superficie, o appena al di sotto di essa.

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